In novant'anni di storia, dal 1922 al 2011, abbiamo avuto il ventennio fascista e il quasi-ventennio berlusconiano: per poco meno di metà della nostra vicenda nazionale abbiamo scelto di farci governare da uomini con una evidente, e dichiarata, vocazione autoritaria. Perché? Una risposta possibile è che siamo un popolo incline all'arbitrio, ma nemico della libertà. Vantiamo record di evasione fiscale, abusi edilizi, scempi ambientali. Ma anche di compravendita di voti, qualunquismo: in poche parole una tendenza ad abdicare alle libertà civili su cui molti si sono interrogati. Da leopardi a carducci che dichiarava 'a questa nazione, giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca del tutto l'idealità', fino a gramsci che lamentava un individualismo pronto a confluire nelle 'cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate alle classi alte'. Per tacere di dante con la sua invettiva 'ahi serva italia, di dolore ostello! ' e di guicciardini con la denuncia del nostro amore per il 'particulare'. Con la libertà vera, faticosa, fatta di coscienza e impegno sembriamo trovarci a disagio, pronti a spogliarcene in favore di un qualunque uomo della provvidenza. Questo libro, un'indagine colta e curiosa su una pericolosa debolezza del nostro carattere, è anche un appello a ritrovare il senso alto della politica e della condivisione di un destino. La libertà, intesa come il rispetto e la cura dei diritti di tutti, non è un'utopia da sognare ma un traguardo verso cui tendere.