Finalista premio strega 2013. Come si fa a dimenticare a comando? Com'è possibile perdere per strada la memoria di una storia, se prima non si ha la pazienza di recuperarla passando al setaccio tutto quanto l'ha riempita da venticinque anni a questa parte? È quello che si accinge a fare lo scrittore, seduto su una sedia all'inizio della rambla e proprio nessuna voglia di scrivere e di vivere come gli altri. Contraltare di questa sua volontà di oblio programmatico e globale è la figura cicciuta e tracagnotta dell'especialista, un docente universitario 'che di sé non ha mai saputo niente di essenziale, a parte di essere basso di cavallo e di farsene un cruccio mortale'. Alle spalle e attorno l'especialista, una caleidoscopica orda di parenti che rimescolano i propri sessi e li sovrappongono, una consorteria di avidi, esaltati e feroci come conigli stipati dentro una comune gabbia di pregiudizi, rancori, omertà, tic di finta trasgressione e segreti di pulcinella. Per lo scrittore affezionarsi all'especialista e tenere il conto dei ribaltoni della sua sagrada familia è un tutt'uno, un po' perché simpatizzare con i mostri è l'unico modo per non farsene sbranare, un po' perché 'per fare chiaro bisogna prima fare un po' di caldo'. Ha inizio così una lotta all'ultima confidenza taciuta tra un uomo che ha il solo cruccio di non poter condividere la propria integrità con nessuno e diversi esemplari di un'umanità all'ultimo grido antica come eva, reazionaria come il generale franco e raccapricciante come un'acquaforte di goya.
In fondo al viaggio c'è, forse, un lemure bianco della specie più evoluta. Sgambetta sulle zampe posteriori eretto, dignitoso come quasi tutti gli esseri umani. Durante il viaggio, cavallette fritte e mandrie di zebù forniscono la debita punteggiatura al paesaggio di immense distese di risaie, di giovani in attesa di un destino qualunque, di bambine costrette a sorrisi da donna forzata, le labbra colorate con il succo di ibisco, 'e la scena è così: il rosso delle labbra nel marrone del faccino nel verde smeraldo dell'oceano dietro il dolore più scolorato del mondo'. Sempre attento alle donne quasi 'per sottaciuta committenza' dei maschi che le guardano senza mai riuscire a vederle in se stesse, lo sguardo di aldo busi va a percorrere le false piste del madagascar turistico e ne snida i colori più profondi. Da vero viaggiatore, il solitario con gli occhi ben aperti doppierà i tentativi delle guide locali di smarrirlo in bellezze indicibili, converserà con gechi particolarmente simpatici, o con conchiglie disposte all'ascolto, e prima di arrivare alla fine avrà trovato un miraggio d'amore e una canzonetta che fa: 'tu hai bisogno di qualcuno dentro la tua camicia e sotto la tua veste, hai bisogno di me'.
Un romanzo che è la storia di un'autoeducazione selvaggia, attraverso una folta sequenza di avventure, incontri, fagocitazioni, seduzioni e soprattutto fughe, perché la vocazione del protagonista è quella di evadere da ogni esperienza che tenda a chiudersi su se stessa. E ogni fuga lascia in dono al lettore un personaggio, una storia, avvolti da quella dolorosità peculiare della gioventù. Di questo libro iniziale di busi possiamo dire oggi che offre un esempio di lucentezza che non si offusca con il tempo. E si accende ora di nuovi riflessi in questa stesura 'interamente riscritta, e interamente per davvero', nonché sigillata, come da una sorta di epilogo, dall'inesorabile seminario sulla vecchiaia.
Che fine ha fatto giorgina washington? E cosa spinge l'intellettuale critico e plurilingue angelo bazarovi - che ricorda chiaramente quel dottor bazarov, personaggio chiave di 'padri e figli' di turghenev - ad accompagnare in giro per l'europa un piccolo industriale arraffatutto, cinico, volgare e semianalfabeta come celestino lometto? 'c'era un magnete che li spingeva l'uno negli artigli dell'altro e, nello stesso tempo, l'angelo dell'uno volava nel celestino dell'altro', trasformando la storia di una strana amicizia provvisoria in una memorabile ricognizione della nostra società provincial-capitalistica e i misteriosi intrighi di un calzettaro mantovano nella parabola dolente della falsità standard di ogni vita umana. Angelica, magnetica, artigliante, diabolica, in questo suo secondo romanzo la scrittura di aldo busi ha intrecciato le emozioni del 'giallo' alla ricerca di una nuova moralità linguistica, ingaggiando i lettori in una sfida all'ultima parola. Romanzo di impronta autobiografica 'vita standard di un venditore provvisorio di collant' è stato pubblicato per la prima volta nel 1985, e viene qui riproposto in una nuova ristampa dell'edizione del 1995.
Ispirata con libertà tutta moderna al più romantico degli orientalismi questa 'festa teatrale' per lettore solista racconta la fiabesca scoperta dell'amore tra la leggiadra principessa guancia di tulipano e il suo promesso sposo sconosciuto, ma anche tra un elefante grigio e uno bianco, tra un colibrì affamato e un'orchidea, tra una voce narrante e un orecchio. Ispirato al canovaccio di un'opera messa in scena alla corte prussiana ai primi dell'ottocento, 'guancia di tulipano' è un nuovo approdo del viaggio nei miti del desiderio iniziato da busi nel 1996 quando, partendo dal boccaccio, reinventò 'la vergine alatiel'.
Due cadaveri sono stati trovati in uno chalet sulle rive di un lago. Il giudice eros torellino e il maestro elementare amato perche, conoscendosi fin dai tempi del liceo ed essendosi contesi sempre le stesse donne, avevano senz'altro ogni diritto di suicidarsi insieme. Ma perché tra loro sul letto avranno messo il dodicesimo volume delle 'memorie' di casanova? È lo stesso volume che molto tempo prima il celebre scrittore aldo subi ha scoperto per caso nel fienile di una vecchia cascina appartenente a carità starace, moglie di amato e amante di eros, nonché figlia di un parroco spretato e quindi assatanata per ripicca, sboccata per principio, di sinistra per partito preso e strafemmina per disperazione.
Un congedo disincantato dal nostro tempo e dalle sue nostalgie, un'acrobazia senza rete sull'essenza della realtà sospesa fra una implacabile sete di giustizia e la comica malinconia per una giovinezza che non si decide a terminare. Il romanzo di un uomo che pur di scrivere si è ridotto a vivere. «ma una voce è una voce e uno sguardo è uno sguardo e un ascolto è un ascolto ovunque, e non esistono deserti, esistono habitat nascosti alle brame umane o in divenire che non sono meno vivi solo perché non li abiti tu o non farai più in tempo a viverci, questa è la realtà e questa è anche la mia consapevolezza ultima, di altre non saprò che farmene. » aldo busi è nato il 25 febbraio 1948 a montichiari, dove ha mantenuto la residenza fiscale. Allontanandosi prima con la mente che con il ventre da una cena mondana tanto esilarante quanto amara, benché esibita come fastosa e gustosa da una consorteria di commensali impuniti per statuto, e passando per un ricordo d'infanzia dell'inossidabile barbino di seminario sulla gioventù, attraverso se stesso aldo busi ci racconta le tragedie di un mondo in cui, insieme allo sforzo di nascondere l'ipocrisia, si è perso anche l'ultimo barlume di compostezza etica: il patto sociale è stabilito da chi ha potere e denaro sufficienti per calpestarlo. In una società popolata da uomini e donne così arroganti da pretendere di esserne i protagonisti disperati e interessanti, dove si comunica a occhiate o facendo l'occhiolino e la lingua è corrotta non meno dei costumi, tutto contribuisce ad alimentare lo stolto chiacchiericcio che copre – anzi permette di non ascoltare – persino una drammatica richiesta d'aiuto lanciata dal cuore del mediterraneo.
Chi altri avrebbe osato scrivere la sua 'autobiografia non autorizzata', offrendola spericolatamente in pasto al mondo in una lingua affabulatoria, epigrammatica, sincopata, di un'eleganza senza pari e di un'oscenità scatenata e al contempo scanzonata? Aldo busi compie qui un viaggio che riconduce al punto di partenza, secondo un percorso circolare nel quale nulla accade perché tutto è già accaduto e non resta che prendere atto della verità così come la scrittura la riconosce, la indaga e la costringe a uscire allo scoperto, attraverso lo smascheramento spietato dell'imperfetta menzogna coltivata per tutta una vita da personaggi della piccola, media e grande borghesia, ordinari incantatori che vorrebbero sottrarsi e restare misteriosi ma finiscono per venire centrifugati in questo potente caleidoscopio delle umane vanità, cui non sfugge nemmeno chi ne scrive per chiamarsene fuori. Ancora una volta lo scrittore ci coglie di sorpresa avventurandosi in zone fra le meno seriamente esplorate dei rapporti tra uomini e donne, come quella dell'omosessuale innamorato di alcune elette e dannate a non averlo e a non farsi avere, pena il perderlo e con lui perdere l'occasione politica e rivoluzionaria per eccellenza che manca alle donne, l'amore ad armi pari con un uomo: un'amicizia di disinteressata e leale passione. Testo drammatico senza averne né l'aria né gli artifici, a tratti insospettabilmente romantico fino alle lacrime, più spesso esilarante fino alla risata irrefrenabile.