L'ultimo romanzo 'americano' di simenon - che, dopo averlo terminato, si dichiarò lui stesso turbato dalla crudeltà della vicenda. «la mano è uno dei romanzi di simenon più oscuri e insieme più appassionanti. Tra violenza troppo a lungo repressa e i cieli blu lavanda del connecticut» - daria galateria, robinson se donald dodd ha sposato isabel anziché, come il suo amico ray, una di quelle donne che fanno «pensare a un letto», se vive a brentwood, connecticut, anziché a new york, è perché ha sempre voluto che le cose, attorno a lui, «fossero solide, ordinate». Isabel è dolce, serena, indulgente, e in diciassette anni non gli ha mai rivolto un rimprovero. Eppure basta uno sguardo a fargli capire che lei intuisce, e non di rado disapprova, le sue azioni – perfino i suoi pensieri. Forse isabel intuisce anche che gli capita di desiderarle, le donne di quel genere, «al punto da stringere i pugni per la rabbia». E quando, una notte che è ospite da loro, ray scompare durante una terribile bufera di neve e donald, che è andato a cercarlo, torna annunciando a lei e a mona, la moglie dell'amico, di non essere riuscito a trovarlo, le ci vuole poco a intuire che mente, e a scoprire, poi, che in realtà è rimasto tutto il tempo nel fienile, a fumare una sigaretta dopo l'altra: perché era sbronzo, perché è vile – e perché cova un odio purissimo per quelli che al pari di ray hanno avuto dalla vita ciò che a lui è stato negato. Isabel non dirà niente neanche quando ray verrà trovato cadavere: si limiterà, ancora una volta, a rivolgere al marito uno di quei suoi sguardi acuminati e pieni di indulgenza. Né gli impedirà, pur non ignorando quanto sia attratto da mona, di occuparsi, in veste di avvocato, della successione di ray, e di far visita alla vedova più spesso del necessario. Ma donald comincerà a non sopportare più quello sguardo che, giorno dopo giorno, lo spia, lo giudica – e quasi lo sbeffeggia.