Predomina ancora una visione del periodo dell'umanesimo che ne esalta, da un lato, i valori estetico-artistici, e tende a ridurne, dall'altro, il pensiero a elementi retorico-filologici. Massimo cacciari ci fa capire come le cose siano piú complesse e meno schematiche, e come la stessa filologia umanistica vada in realtà inserita in un progetto culturale piú ampio nel quale l'attenzione al passato è complementare alla riflessione sul futuro, mondano e ultramondano. Dunque una filologia che è intimamente filosofia e teologia. E i nodi filosofici affrontati dagli umanisti (che in quest'ottica non iniziano con petrarca o con i padovani, ma con lo stesso dante) sono difficilmente ascrivibili a sistemi armonici o pacificanti, secondo una visione tradizionale del rinascimento. C'è un nucleo tragico del pensiero umanistico, fortemente «anti-dialettico», in cui le polarità opposte non si armonizzano né vengono sintetizzate. Massimo cacciari
«elogio dell'ozio» è uno dei quindici saggi che compongono questa raccolta, in cui russell tratta le più disparate tematiche politiche e sociali. I pericoli derivanti dall'eccesso di zelo e l'importanza della contemplazione; architettura e questioni sociali; critica del comunismo, critica del fascismo e argomenti in favore del socialismo; cinismo dei giovani e conformismo della società moderna; l'educazione, la salute mentale, l'anima. Temi diversi ma collegati da una tesi generale: «il mondo soffre per colpa dell'intolleranza, del bigottismo e per l'errata convinzione che ogni azione energica sia lodevole anche se male indirizzata; mentre la nostra società moderna, così complessa, ha bisogno di riflettere, di mettere in discussione i dogmi».
Crisi della ragione, perdita del centro, decadenza dei valori: il nichilismo si è presentato a volte con il proprio nome, a volte sotto altre sembianze. Ma che cos'è propriamente il nichilismo? Da dove viene quest''ospite inquietante' - come nietzsche lo definisce - che si aggira ormai ovunque in casa nostra e che nessuno può mettere alla porta? Attraverso un'analisi storico-concettuale, volpi risale alle radici del fenomeno, ne illustra il manifestarsi nel pensiero del novecento e prepara una prospettiva 'oltre il nichilismo'.
È davvero più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo? E perché ci siamo ormai assuefatti all'idea che, per dirla con margaret thatcher,
Questo trattatello, vera perla nascosta negli scritti postumi di schopenhauer, qui per la prima volta tradotto in italiano, venne elaborato «come un pulito preparato anatomico» per dare una sistemazione formale agli «artifici disonesti ricorrenti nelle dispute». Schopenhauer fornisce trentotto stratagemmi, leciti e illeciti, a cui ricorrere per «ottenere» ragione: per difenderla quando la si ha, e per farsela dare quando sta dalla parte dell'avversario. Lettura attraente e quanto mai utile: con freddezza classificatoria schopenhauer ci indica «le vie traverse e i trucchi di cui si serve l'ordinaria natura umana per celare i suoi difetti». Ma, nello stesso tempo, si tratta di un testo che si situa in un crocevia memorabile del pensiero moderno: negli stessi anni in cui hegel indicava nella dialettica la via per giungere al culmine dello spirito, il suo irriducibile antagonista schopenhauer la raccomandava come fioretto da impugnare in quella «scherma spirituale» che è il discutere, senza badare alla verità. Contro hegel, schopenhauer si presenta qui come un «maestro di scherma che non considera chi abbia effettivamente ragione nella contesa che ha dato origine al duello», ma si preoccupa unicamente di insegnare a «colpire e parare», giacché «questo è quello che conta». Le ragioni sottintese in questo duro contrasto sono illustrate nel saggio di franco volpi che accompagna il testo.
L'idea di dio sembra essere scomparsa dall'orizzonte di noi occidentali, sempre più ossessionati da miti effimeri e ormai disposti a vendere al miglior offerente persino la nostra libertà. La sua assenza ci ha lasciati orfani di una guida in grado di orientare l'esistenza verso il bene e la giustizia, e per questo diventa necessario riflettere oggi sulla questione del divino. Ma quale dio? Come possiamo ancora immaginarlo? E quale destino gli è riservato? Nelle pagine ambiziose di questo libro, vito mancuso conduce il lettore in un viaggio tra le problematiche raffigurazioni della divinità che nei secoli hanno accompagnato la nostra storia. E con coraggio ci sfida a liberarci dall'immagine tradizionale del padre onnipotente assiso nell'alto dei cieli che ci viene ancora offerta da una chiesa cattolica che sembra aver modificato il suo linguaggio ma non la sua rigida dottrina. Si riscopre così il valore di una divinità completamente partecipe nel processo umano, capace di comprendere i principi dell'impersonale e del femminile. Come ha scritto agostino:
Il volume raccoglie tutte le opere filosofiche italiane di giordano bruno: dialoghi cosmologici d'ispirazione copernicana e dialoghi morali, tutti risalenti al biennio 1584-85. La curatela dell'edizione è affidata a michele ciliberto, studioso di bruno e presidente del comitato di celebrazioni dell'anniversario della sua morte, che firma il saggio introduttivo.
Negli estremi momenti, ogni impero - per quanto imperfetto - incarnò in sé un archetipo irresistibile, costruendo mura contro le tenebre esteriori: il potere politico era assistito da una luce metafisica, e difendeva un cosmo sacro. Ormai, ai nostri giorni, in troppi punti il tessuto cristiano si sta strappando ed è quasi completamente consumato. venuto meno questo baluardo, da sotto spuntano gli antichi dèi, arcaici e spietati. Spiegare che cosa si muova in questa faccia oscura è difficile anche solo da enunciare. Questo libro è, in qualche modo, il risultato di questa ricerca; seguire questo percorso significherà per chi legge di imbattersi in personalità, circoli, storie che si situano tutti in una singolare faccia oscura, che si dovrebbe definire esoterica, della storia recente. Ma in questo testo non si parla solo di occultismi e magie. Qui, si tenta anche di tracciare le traiettorie attraverso cui queste cerchie, culturali e di potere finanziario, praticano un'arte di governo
Luciano de crescenzo raccoglie in questo libro le pagine che nelle sue opere – storia della filosofia greca , oi dialogoi e i miti dell'amore – ha dedicato al padre nobile del pensiero occidentale. Gli rende omaggio ritraendolo dal vivo nella splendida atene e riproponendone la saggezza ai giorni nostri. E soprattutto regalandoci un altro piccolo capolavoro di saggezza e leggibilità.
Socrate, l'intellettuale stravagante che parla nelle strade e nelle piazze dell'atene del v secolo. Socrate, che ha insegnato all'umanità la religione della ricerca. Socrate, e la sua ossessione per la verità. È lui il protagonista di questi quattro dialoghi platonici disposti in un ordine volutamente narrativo: il 'simposio' ritrae il filosofo nel fervore dell'insegnamento; 'l'apologia' riporta l'autodifesa pronunciata davanti al tribunale che l'avrebbe condannato a morte; il 'critone' lo fa vedere in carcere, mentre rifiuta la possibilità di fuga offertagli da un discepolo influente; il 'fedone' infine è il resoconto sobrio e commovente delle sue ultime ore, con l'indimenticabile lezione sull'immortalità dell'anima. In tutti rifulge la lingua di platone, di una naturalezza disarmante nel modo in cui, tra domande e risposte, fluiscono le più vertiginose questioni filosofiche: la natura e il senso dell'amore, l'impulso alla verità, l'etica e il dovere, l'anima e la sua immortalità.