Più che mai ricco di colpi di scena, forse ho sognato troppo è anche e soprattutto una storia d'amore senza tempo, il che non impedisce il finale a sorpresa al quale bussi ci ha ormai abituati. La vita di nathalie, hostess dell'air france, scorre liscia come l'olio: vive in una graziosa villetta sulle rive della senna, è amata dal marito ebanista e ha due belle figlie di diciotto e ventisei anni. La sua vita oscilla tra il lavoro, che tre volte al mese la fa volare all'altro capo del mondo, e la famiglia, a cui si dedica con entusiasmo e attenzione. L'idilliaco quadretto si spezza però a causa di una serie di incredibili coincidenze in seguito alle quali si trova a ripercorrere lo stesso itinerario di viaggio, tre voli in rapida successione a montréal, los angeles e giacarta, durante il quale vent'anni prima si era perdutamente innamorata del giovane chitarrista ylian. Un amore breve e travolgente, ma all'epoca nathalie era già sposata e madre di famiglia, così dopo un'ultima notte di passione i due amanti si erano impegnati a non avere più il minimo contatto. C'è qualcosa di strano, però. È come se, vent'anni dopo, una mano invisibile la spingesse a fare le stesse cose che aveva fatto con ylian, a riandare negli stessi posti in cui era andata con ylian, a rivivere gli stessi episodi che aveva vissuto con ylian; un mistero che si fa sempre più inquietante man mano che le coincidenze si susseguono, a al quale forse non è estranea la pietra del tempo, un sassolino sciamanico degli inuit che sembra apparire e scomparire a piacimento. Nathalie ha paura, crede di impazzire, né le sono d'aiuto gli amici storici, la hostess flo e il comandante ballain. Anzi, a ben guardare sembra che tutti le nascondano qualcosa. Un complotto? La situazione passa dal mistero al giallo quando qualcuno, a los angeles, tenta di ucciderla.