È lei, tat'jana ivanovna, la vecchia nutrice, a preparare i bagagli di jurij e di kirill, i ragazzi che partono per la guerra; ed è lei a tracciare il segno della croce sopra la slitta che li porterà via nella notte gelata. Sarà ancora lei a rimanere di guardia alla grande tenuta dei karin allorché la famiglia dovrà, come tanti, rifugiarsi a odessa e ad accogliere jurij quando tornerà, sfinito, braccato. Né si perderà d'animo, la vecchia nutrice, quando dovrà camminare tre mesi per raggiungere i padroni e consegnare loro i diamanti che ha cucito a uno a uno nell'orlo della gonna. Grazie a quelli potranno pagarsi il viaggio fino a marsiglia, e proseguire poi per parigi. Nel piccolo appartamento buio che hanno preso in affitto tat'jana vede i karin girare in tondo, dalla mattina alla sera, come fanno le mosche in autunno. Lei, che è stata testimone del loro splendore, che li ha visti crescere, che li ha curati e amati per due generazioni con fedeltà inesausta, li vedrà adesso vendere le posate, i pizzi, perfino le icone che hanno portato con sé. Sembra che nessuno di loro voglia ricordare ciò che è stato; solo lei, tat'jana ivanovna, ricorda: così una notte, quella della vigilia di natale, mentre tutti sono fuori a festeggiare, si avvia da sola, avvolta nel suo scialle, verso la senna.