Con il maldestro, coraggioso, contraddittorio emiliano di saint-just, chiamato a investigare su efferate uccisioni, opera di uno sfuggente criminale che somiglia a un diavolo, giancarlo de cataldo ci trasporta in una torino divisa tra slancio progressista e reazione, nuove tecnologie e vecchi pregiudizi, inconsueta per l'occhio di oggi, ma nella quale è facile ambientarsi per la naturalezza e la precisione dei dettagli: da una nuova grande piazza appena costruita alla mefitica paludosa vanchiglia, a un gran ballo a palazzo carignano, a un dinamicissimo ghetto dove gli ebrei combattono per non diventare il capro espiatorio della rabbia e della paura di tutti. E sotto i nostri occhi, mentre un cavour infuriato rischia di esser preso a bastonate dal reazionario duca di pasquier, e le alte sfere consigliano al giovane carabiniere di cercare il colpevole preferibilmente negli strati più bassi e 'infami' della città, impartendogli una lezione di modernissimo controllo sociale, si svolge una vorticosa, molto attuale commedia umana. Le opposizioni private e pubbliche di gelosia e amore, obbedienza e libertà, viltà e coraggio, politica e crimine, tipiche del futuro carattere nazionale degli italiani, fanno qui le prove generali, come a teatro. E il diaul, che sia un mostro malvagio, un assassino seriale o la pedina di un complotto politico, diventa la cifra, il luogo geometrico delle contraddizioni di tutti. Senza smettere di far paura, tutt'altro.