Mega-macchine sociali: sono le grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come componenti o servo-unità. Esistono da migliaia di anni. Le piramidi dell'antico egitto sono state costruite da una di esse capace di far lavorare unitariamente (appunto come parti di una macchina) decine di migliaia di uomini per generazioni di seguito. Era una mega-macchina l'apparato amministrativo-militare dell'impero romano. Formidabili mega-macchine sono state, nel novecento, l'esercito tedesco e la burocrazia politico-economica dell'urss. Come macchina sociale, il finanzcapitalismo ha superato ciascuna delle precedenti, compresa quella del capitalismo industriale, a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare penetrazione in tutti i sottosistemi sociali, e in tutti gli strati della società, della natura e della persona. Cosi da abbracciare ogni momento e aspetto dell'esistenza degli uni e degli altri, dalla nascita alla morte o all'estinzione. Perché il finanzcapitalismo ha come motore non più la produzione di merci ma il sistema finanziario. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati allo scopo di produrre immediatamente una maggior quantità di denaro. In un crescendo patologico che ci appare sempre più fuori controllo.
Nel 1977 muhammad yunus ha fondato la grameen bank, un istituto di credito indipendente che pratica il microcredito senza garanzie. Da più di venti anni lavora ad ampliare la grameen che, oltre ad essere presente in 36000 villagi del bangladesh, è oggi diffusa in 57 paesi di ogni parte del mondo. La banca presta denaro ai più poveri tra i poveri, a coloro che non hanno nulla da offrire in garanzia e quindi sono respinti dagli altri istituti di credito. Grazie alla sua politica del microcredito a tassi bonificati, centinaia di migliaia di persone si sono affrancate dall'usura e hanno gradualmente allargato la loro base economica. Il tasso di restituzione alla grameen è di oltre il 90 per cento.
'ogni giorno milioni di investitori, dilettanti e professionisti, provano che non puoi battere il mercato. Poi c'è warren buffett. ' warren buffett è la seconda persona più ricca d'america e uno dei più grandi finanzieri del mondo: il suo fondo d'investimento, nato nel 1956 con un capitale di 105. 000 dollari, oggi ne gestisce 142 miliardi, ed è uno dei più solidi e profittevoli sul mercato mondiale. L'autore ricostruisce l'ormai proverbiale 'metodo buffett' analizzando in dettaglio la sua vita privata, la sua formazione professionale, i grandi successi finanziari (coca-cola, ibm, heinz), i '12 paradigmi' alla base della sua filosofia di lavoro, la psicologia dietro ogni decisione finanziaria, il valore della pazienza e la sua predilezione per gli investimenti a lungo termine.
La crisi economica scoppiata nel 2008 con il fallimento della banca d'affari americana lehman brothers sembra non avere fine, in italia come nel resto d'europa: nonostante i governi e gli economisti si arrovellino sulle misure da adottare, le aziende chiudono, la disoccupazione aumenta, i consumi crollano. E la responsabilità della recessione in corso è stata addossata, di volta in volta, al mercato dei mutui statunitensi - i famigerati 'subprime' -, allo strapotere della finanza, al peso schiacciante del debito pubblico. Cambiando decisamente prospettiva, federico rampini non si chiede a 'che cosa' imputare la colpa ma piuttosto a 'chi', e senza alcuna esitazione afferma: 'i banchieri sono i grandi banditi del nostro tempo. Nessun bandito della storia ha mai potuto sognarsi di infliggere tanti danni alla collettività quanti ne hanno fatti i banchieri'. Dall'osservatorio privilegiato degli stati uniti, dove la crisi ha avuto inizio, rampini racconta chi sono i banchieri di oggi, come abbiano potuto adottare comportamenti tanto perversi, assumersi rischi così forti e agire in modo talmente dissennato da provocare un'autentica pearl harbor economica, sprofondando l'occidente nella più grave crisi degli ultimi settant'anni. E tutto questo, contando sempre sulla certezza dell'impunità. A pagare i loro errori sono infatti i cittadini dei paesi sulle due sponde dell'atlantico, e il prezzo è altissimo: crescenti diseguaglianze, precarietà del presente, paura del futuro.