Parliamo di 'esseri umani e animali', come se tutti i viventi ricadessero in due sole categorie: noi e tutti gli animali. Eppure abbiamo addestrato gli elefanti a trascinare tronchi d'albero fuori dalla foresta; nei laboratori abbiamo fatto percorrere labirinti ai ratti, per studiare l'apprendimento; e i piccioni ci hanno insegnato i rudimenti della psicologia beccando i bersagli che gli mostravamo. Studiamo i moscerini per imparare come funziona il nostro dna, e infettiamo le scimmie per mettere a punto cure da usare sugli esseri umani; nelle nostre case e nelle nostre città i cani proteggono e guidano persone che possono vedere solo grazie agli occhi dei loro compagni a quattro zampe. A dispetto di tutta questa intimità, conserviamo una tentennante insistenza sul fatto che gli 'animali' non sono come noi - benché noi stessi siamo animali. Potrebbe mai una relazione basarsi su un fraintendimento più profondo? Negli ultimi decenni le scienze biologiche hanno ricostruito i tratti evolutivi che ci legano agli altri animali (dai pesci ai primati) sul piano morfologico e genetico. Un risultato già stupefacente, se non fosse che ora – grazie a studiosi della finezza e percettività di carl safina – ci avviamo a un salto ulteriore: verificare l'incidenza di quei tratti a livello cognitivo e affettivo-emotivo. Da rigoroso ricercatore sul campo, safina ci immette in tre paesaggi esemplari: una riserva africana, dove elefanti dalle variegate «personalità» si aggregano in una spiccata socialità (non a caso i masai li considerano dotati di un'«anima» al pari degli umani); il parco di yellowstone, dove i lupi – reintrodotti di recente – si muovono echeggiando cadenze pleistoceniche, fra strategie di predazione e sorprendenti gerarchie sociali (le femmine, per esempio, sono deputate ai dilemmi decisionali come restare/partire); e le acque cristalline del pacifico nordoccidentale, dove cetacei di diverse specie dispiegano la vertigine della loro visione «acustica» e interagiscono col sapiens in modi inaspettati e toccanti. Penetriamo così in un ventaglio di intelligenze, «coscienze» e «visioni del mondo» di altri animali – con cui condividiamo molti «correlati neurali», a partire dal cervello «antico» e dalla sua tastiera emotiva – insieme familiari e aliene, contigue e alternative. Al punto da mettere in dubbio, ancora una volta, la tesi secondo la quale l'uomo sarebbe la misura di tutte le cose.
Alla fine degli anni ottanta gerald durrell intraprende una spedizione in madagascar per catturare qualche esemplare di aye-aye, un lemure caratteristico della zona, e garantirne così la riproduzione all'interno del jersey wildlife preservation park. Giunto nell'isola durrell si mette sulle tracce dei misteriosi lemuri. E nel mercato
A diciotto anni temple grandin si costruì una macchina per gli abbracci. Aveva visto che le mucche diventavano mansuete dentro la gabbia di contenimento usata dal veterinario per visitarle, e aveva intuito che uno strumento simile avrebbe potuto calmare anche lei. Così, con due assi di compensato che si stringevano dolcemente ai lati di una panca, realizzò lo strano congegno. Che funzionò a meraviglia. E temple, giovane autistica con molti problemi di relazione, capì di avere una speciale affinità con gli animali. E capì che per essere felice avrebbe dovuto studiarli e stare con loro il più possibile. Quel che non sapeva è che varie altre - e non meno spiazzanti - scoperte avrebbero fatto di lei uno dei più famosi esperti del comportamento animale, e che quelle scoperte avrebbero anche modificato il modo di trattare gli animali stessi.
Coren spiega quali sono le 'parole' e la 'grammatica' che i cani utilizzano nella comunicazione con i propri consimili e con gli interlocutori umani, fornendo tutti gli strumenti utili per migliorare la comprensione di ciò che il cane sente e pensa, di quali sono le sue intenzioni. Egli descrive i suoni, le parole, le azioni e i movimenti con cui possiamo fare in modo che il nostro cane capisca ciò che vogliamo, ma, soprattutto, corredando il testo di disegni esplicativi e schemi, analizza in dettaglio le diverse tipologie e combinazioni di segnali che i cani utilizzano tra di loro o inviano agli esseri umani a seconda di ciò che intendono comunicare.
Un bestiario degli animali più strani e dimenticati al punto che non sembrano neanche appartenere al nostro mondo «la prima volta che si vede un axolotl - o assolotto - è difficile distogliere lo sguardo. Gli occhi a capocchia di spillo privi di palpebre, le branchie che si diramano dal collo come morbidi coralli, il corpo da lucertola provvista di braccine e gambette esili con le loro dita, e infine una coda da girino lo fanno sembrare una creatura aliena» da tempi molto lontani i bestiari autentici e quelli immaginari concorrono in parti quasi uguali al disegno della zoologia cosi come la conosciamo, o crediamo di conoscerla. Si sono a lungo specchiati, imitati a vicenda, guardati a seconda dei casi con rispetto e con sospetto, i due generi: finché qui, per la prima volta, non si ritrovano fusi in qualcosa di nuovo. Sì, caspar henderson è andato a trovare dove nemmeno li si cercherebbe - nelle profondità degli oceani, negli angoli più inospitali di deserti roventi - intere famiglie di viventi di cui tutto ignoravamo, a cominciare dall'aspetto; oppure ha raccontato particolarità di animali tanto vicini a noi da risultarci, ormai, quasi invisibili. E li ha messi tutti insieme, pesci zebra e delfini, axolotl e balene, con l'amichevole partecipazione di sapiens, in questo diario di un naturalista capriccioso che è anche qualcosa di più - il manuale delle strane regole con cui possiamo ogni volta ricominciare, a sorpresa, il gioco molto antico di reale e fantastico.
A konrad lorenz è stato conferito il premio nobel 1973 per la medicina in riconoscimento della sua opera fondatrice di una scienza che rivela sempre più la sua enorme portata: l'etologia. Ma lorenz non è soltanto un grande scienziato: pochi libri hanno affascinato così tanti lettori in questi ultimi anni come le storie di animali da lui magistralmente raccontate nell'«anello di re salomone». Ora, in «e l'uomo incontrò il cane», il lettore troverà una sorta di proseguimento di quelle storie, tutto dedicato all'animale che più di ogni altro crediamo di conoscere e sul quale però tante cose abbiamo da scoprire – il cane. Lorenz ci guida qui innanzitutto verso le origini dell'«incontro» fra l'uomo e il cane, quando il rapporto era piuttosto con i due, assai differenti, antenati dei cani attuali: lo sciacallo e il lupo. Queste origini lasciano le loro tracce in tutte le complesse forme di intesa, obbedienza, odio, fedeltà, nevrosi che si sono stabilite nel corso della storia fra cane e padrone. Spesso ricorrendo a dei casi a lui stesso avvenuti, lorenz riesce in queste pagine a illuminare rapidamente tutto l'arco della «caninità» con la grazia di un vero narratore, con la precisione e la sottigliezza di uno scienziato che ha aperto nuove vie proprio nello studio di questi temi, con la fertile intelligenza di un pensatore che, attraverso le sue ricerche sugli animali, è riuscito a porre i problemi umani in una nuova luce.