Con roderick duddle michele mari ha scritto una storia capace di rifondare a ogni pagina il gesto stesso del narrare: un libro che entra di diritto, e che resterà, nella tradizione del grande romanzo d'avventura. «se avesse potuto gettare uno sguardo anche un solo istante nella mente di quell'uomo, roderick si sarebbe messo a correre via senza fermarsi mai. Ma tu non scapperai, mio lettore, perché sei avido di sapere, perché ti ho scelto fra tanti, e perché, appunto, sei mio». Figlio di una prostituta, roderick cresce tra furfanti e ubriaconi all'oca rossa, fumosa locanda con annesso bordello. Quando la madre muore, il proprietario pensa bene di cacciarlo: quello che entrambi ignorano è che nel destino di roderick è nascosta un'immensa fortuna, e quel medaglione che porta al collo ne è la prova. Il ragazzino si ritrova alle calcagna una folla di balordi, mentecatti, loschi uomini di legge e amministratori, assassini, suore non proprio convenzionali – ognuno deciso a impadronirsi in un modo o nell'altro di una parte del bottino. E cosí roderick fugge, per terra e per mare, in un crescendo di imprevisti, omicidi, equivoci e false piste. Roderick duddle è insieme summa e reinvenzione del percorso letterario di michele mari: guardando a dickens e stevenson, mai cosí amati, disegna un'impareggiabile parabola sulla cupidigia e sulla stupidità dell'uomo, ma anche sulla sua capacità di stupirsi di fronte al meraviglioso. Un appassionante e insieme raffinatissimo gioco letterario, che ha la forza e l'intelligenza di proporsi alla lettura semplicemente come romanzo d'appendice contemporaneo. «mio paziente lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai».