Un giorno, a una domanda sull'importanza che aveva avuto l'amore nella sua vita, isaac bashevis singer rispose: «grandissima, perché l'amore è amore della vita. Quando ami una donna ami la vita che è in lei». Ma che genere di amore è quello che lega herman, il protagonista di «nemici», a yadwiga, la contadina polacca che lo ha salvato dalla deportazione nascondendolo per tre anni in un fienile, nutrendolo e curandolo, e che lui ha portato con sé a new york e ha sposato? E che genere di amore lo lega a masha, la donna, scampata ai lager, del cui corpo non riesce a fare a meno, ma che percepisce come una minaccia – perché quel desiderio, più che alla vita, si apparenta alla morte? Ed è ancora amore il sentimento che lo lega alla moglie tamara, che credeva morta e che gli riappare davanti all'improvviso? Di fronte a simili domande herman è paralizzato, incapace di trovare una via d'uscita. A rendere tutto molto, molto più complicato è la fatica quotidiana del vivere, in quella new york che è sembrata un miraggio di felicità, ma che si rivela ogni giorno più inospitale e più aspra. Il lettore segue herman nei suoi affannosi, sconclusionati andirivieni dal bronx a coney island e da coney island a manhattan, chiedendosi se e come riuscirà a tirarsi fuori da quella specie di guerra che le sue tre donne gli hanno dichiarato, e soprattutto dal groviglio di un'esistenza fatta di continue menzogne, sotterfugi, goffaggini e fughe – o se, come il bunem di «keyla la rossa», finirà per cedere alla tentazione di disperare di dio.