'ci stanno rubando il futuro! ' hanno gridato nelle piazze di tutta italia gli studenti del movimento dell'onda. Ma lo stesso grido potrebbe accomunare in realtà l'intero paese. Perché l'italia si è fermata, ha perso la capacità di progettare il futuro, e la crisi economica non fa altro che rendere più visibile e più dolorosa una malattia contratta già da tempo. Il collasso è la radiografia impietosa ma reale di un paese che non sa più proiettarsi in avanti. Che spreca le sue migliori risorse intellettuali non riconoscendo loro alcun merito e costringendole a emigrare. Che non ha il coraggio di investire sull'innovazione e la tecnologia. Che sta perdendo la sfida della competizione internazionale. E che continua a devastare il suo territorio senza preoccuparsi di cosa troveranno le prossime generazioni. Al culmine della piramide, purtroppo, una classe dirigente che è più che mai parte del problema anziché una possibile soluzione. Una classe dirigente che nella sua parte conservatrice continua a coltivare la nostalgia di un passato autarchico, quando sul mondo non spiravano ancora i venti della globalizzazione. E che nella sua parte progressista appare immobile, incapace di ricambio generazionale, sorda agli umori del paese reale, addirittura messa in discussione dal punto di vista dell'onestà.
Un miliardo di euro dai versamenti dell'otto per mille. 650 milioni per gli stipendi degli insegnanti di religione. 700 milioni per le convenzioni su scuola e sanità. 250 milioni per il finanziamento dei grandi eventi. Una cifra enorme passa ogni anno dal bilancio dello stato italiano e degli enti locali alle casse della chiesa cattolica. A cui bisognerebbe aggiungere almeno il cumulo di vantaggi fiscali concessi al vaticano e oggi al centro di un'inchiesta dell'unione europea: il mancato incasso dell'lci, l'esenzione da irap, ires e altre imposte, l'elusione consentita per le attività turistiche e commerciali. Per un totale di circa 4 miliardi di euro, più o meno mezza finanziaria, l'equivalente di un ponte sullo stretto o di un mose all'anno. Una somma (è la stessa conferenza episcopale italiana a dichiararlo) che solo per un quinto viene destinata a interventi di carità e di assistenza sociale.