Un uomo repellente e luciferino, abbandonato a se stesso nell'orrore di un'estate milanese, sogna l'apocalisse nucleare e rimpiange il terzo reich. È stato interprete per le ss, ha amato e perduto una donna di nome bianca. Adesso che la guerra è finita, lavora come correttore di bozze per un giornale, insegue giovani cameriere e garzoni spinto da un'ossessione sadomasochista e da ciò che resta di una turpe volontà di potenza. È il 1956, la crisi di suez gli sembra il preludio alla terza guerra mondiale, una guerra che agogna, igiene di un occidente immondo che odia, come odia se stesso. 'la distruzione', primo romanzo italiano apertamente nazista, apparve per mondadori nel 1970, mentre il mondo celebrava l'illusione di un futuro di pace e di palingenesi collettiva. Nei due anni precedenti, alcuni dei maggiori intellettuali italiani - tra loro sereni, giudici e parazzoli - valutarono l'opportunità della sua pubblicazione. Doveva essere una bomba a orologeria, accendere polemiche, stanare benpensanti, rivitalizzare come un elettroshock la scena letteraria nazionale con l'irruenza di celine o de sade. Non se ne accorse nessuno. Da allora, però, l'opera di virgili riemerge ciclicamente come un incubo, interrogando con le sue sinistre profezie, con la sua bruciante inattualità. Prefazione di roberto saviano.