È il 25 aprile 1519. Nel castello di cloux, alla corte di amboise, leonardo da vinci si appresta a fare testamento. È vecchio e stanco, ma l'aspetto è ieratico. Accanto a lui francesco melzi, il discepolo che lo ha seguito in ogni tappa del suo peregrinare, è consumato dalla curiosità: a chi andrà la gioconda, l'opera che il maestro venera più di ogni altra, l'unica mai consegnata al committente né venduta nonostante le offerte tentatrici? E perché leonardo trascorre ore a contemplarla in solitudine e silenzio, in una stanza buia dove a nessuno è concesso entrare, quasi che per lui l'immagine sulla tela sia l'estremo confessore e, insieme, il balsamo della sua anima?