Una corrispondenza durata ventisei anni tra un ergastolano e il suo giudice. Non è un romanzo di invenzione, né un saggio sulle carceri. È una storia vera, un'opera che scuote e commuove. «questa vicenda ha un particolare che credo la differenzi dalle altre. All'inizio della storia c'è qualcosa che l'ha messa in moto, qualcuno che ha pronunciato la condanna di salvatore all'ergastolo, che ha spalancato i cancelli destinati a rinchiuderlo per sempre. Ebbene, l'uomo che ha segnato la sua vita e poi, in qualche misura, lo ha accompagnato per ventisei anni, sono io». - elvio fassone una corrispondenza durata 26 anni tra un ergastolano e il suo giudice. Nemmeno tra due amanti, ammette l'autore, è pensabile uno scambio di lettere così lungo. Questo non è un romanzo di invenzione, ma una storia vera. Nel 1985 a torino si celebra un maxi processo alla mafia catanese; il processo dura quasi due anni, tra i condannati all'ergastolo salvatore, uno dei capi a dispetto dei suoi 28 anni, con il quale il presidente della corte d'assise ha stabilito un rapporto di reciproco rispetto e quasi - la parola non sembri inappropriata - di fiducia. Il giorno dopo la sentenza il giudice gli scrive d'impulso e gli manda un libro. Ripensa a quei due anni, risente la voce di salvatore che gli ricorda,