Questa di pericle è un noir, girato come un buon film americano degli anni quaranta, con un ritmo secco, un plot che non perde un colpo e personaggi che hanno uno spessore del tutto ignoto ai cliché imposti dal genere: pericle, l'uomo-cane che diventa uomo e acquisisce consapevolezza di sé attraverso il rifiuto delle regole del suo mondo e l'incontro con una strana donna; e questa donna, nastasia, la polacca finita a lavorare a pescara in una fabbrica di copertoni, che se lo porta a casa e se lo porterà, forse, anche più lontano.
Filippo bornardone entra a parigi in uno splendido mattino d'autunno. Arriva da napoli, in tasca porta una lettera di raccomandazione per il capitano dei moschettieri, d'artagnan. Al fianco esibisce orgoglioso una spada in puro acciaio di pomigliano. Ha lo sguardo limpido e fiducioso del soldato e nelle orecchie il fascino esaltante dei racconti dello zio che l'ha educato al mito dei quattro spadaccini di francia. Ma il suo entusiasmo dura poco. Appena sceso dalla carrozza un malinteso lo fa cadere in una serie vorticosa di eventi che determineranno il suo destino, votandolo alla più audace delle imprese: diventare moschettiere del re catturando aramis, il cavalier d'herblay, nemico giurato della corona. E mentre il giovane insegue il suo sogno e il suo nemico in un incalzare di fughe, agguati e scontri, alle sue spalle si tessono gli abili intrighi di una nazione ormai corrotta ma che non ha perduto il proprio fascino abbagliante. Così la sua ricerca spasmodica di giustizia si mescola ai piani di un'aristocrazia allo sbando, rovinata dai debiti di gioco e dalla sete di potere, che però ancora mantiene intatto il brio dei salotti, l'accortezza disincantata delle dame e la spregiudicatezza dei politici.