Nell'autunno del 1964, dopo cinque anni di silenzio, parise pone fine a un nuovo romanzo, 'il padrone', che gli appare simile a una favola 'minuziosa e crudele'. Da una favola, in effetti, sembra uscita la ditta commerciale (ma non sarà difficile riconoscervi la casa editrice dove parise lavorò a lungo) in cui il giovane protagonista, appena sbarcato dalla provincia in una grande città, trova lavoro: un palazzo di vetro che, con la sua cuspide scintillante, esercita una irresistibile forza di attrazione. E da una favola (parodistica) o da un cartoon sembrano usciti i personaggi che lo popolano: il malinconico, nevrotico dottor max, il padrone, diviso fra la passione per la filosofia e l'ansia di scalzare il potere del padre, il vecchio saturno; uraza, sua madre e principale alleata, che si serve dell'enorme massa di capelli soffici e fiammeggianti come di un potentissimo strumento sensorio; la fidanzata minnie, che accompagna ogni gesto con un'onomatopea da fumetto; il fedele autista-infermiere-spia lotar, incarnazione della forza bruta e della più ottusa fedeltà; e la folla di collaboratori e dipendenti, dall'immenso e infido dottor bombolo agli inermi pluto e pippo. Ma, soprattutto, rinvia a una favola (filosofica) il gelido incantesimo che imprigiona la ditta trasformandola in una immane trappola mortuaria: far parte del suo organismo significa infatti essere proprietà del dottor max, e dunque - prigionieri delle involuzioni e delle allegorie del suo pensiero.