Argirocastro, settembre 1943. La città, reduce dall'occupazione italiana, assiste col fiato sospeso all'arrivo dei blindati tedeschi: per ritorsione a un'imboscata contro la propria avanguardia, il colonnello nazista fritz von schwabe ha infatti ordinato un rastrellamento di decine di ostaggi da fucilare. Ma a quel punto il colonnello riceve un invito a cena da parte del dottor gurameto, notabile della città e suo vecchio compagno di università in germania, e gli eventi prendono una svolta imprevista. Scandita dalle note del grammofono, quella cena aleggerà a lungo nei racconti degli abitanti della città, come in una danza circonfusa da un alone di mistero: cos'avrà convinto il colonnello a rilasciare tutti gli ostaggi, compreso il farmacista ebreo? Dieci anni dopo, anche il morente stalin vuole vederci chiaro su quel patto inconfessato, che nella sua mente annebbiata potrebbe aver generato il germe di un complotto ebraico contro il blocco comunista. L'istruttoria che ne segue, condotta da due giudici zelanti e ambiziosi, si perderà nel gioco di specchi di una verità impossibile, scavando nel ventre di una città sospesa nel tempo, assopita nel grigiore del nuovo ordine eppure vibrante di umori antichi, ingenuamente pensosa, eppure intrisa di ferocia.
Una storia avvincente e indimenticabile sulla crudeltà del potere e il prezzo che l'individuo è costretto a pagare. Sfilata del primo maggio a tirana: in una delle tribune delle autorità un invitato, l'anonimo io narrante, ha all'improvviso l'impressione di scorgere, tra gagliardetti e ritratti di alti dirigenti, il volto dell'antico comandante greco agamennone. Allucinazione? O piuttosto effetto del dolore di un uomo appena abbandonato dalla donna amata, suzanna, figlia di un alto dirigente di partito destinato a succedere al capo assoluto? La figura mitologica del comandante disposto a sacrificare gli affetti familiari per la ragion di stato è la chiave lettura di una sconvolgente storia d'amore distrutta dalla crudele macchina del potere.
Il 17 marzo di un anno imprecisato (ma prima dell'avvento del comunismo in albania) il giovane gjorg berisha ha dovuto uccidere l'assassino di suo fratello per obbedire alla besa, un codice antico e spieiato che fissa, senza possibilità di deroga, modo tempo e prezzo di qualsiasi delitto. Dopo l'omicidio, perpetrato fra mille dubbi e tormenti, gjorg avrà un mese di tregua. Poi, per lui, la morte sarà in agguato dietro ogni pietra, ogni angolo di strada. Ma la sua storia s'intreccia con quella di besian e diana, uno scrittore e la sua giovane, bellissima moglie, che sono partiti da tirana per intraprendere un singolare viaggio di nozze tra le montagne. L'incontro fra gjorg e i due sposi avrà conseguenze cruciali: metterà in gioco l'amore di diana per suo marito e, allo scadere della fatidica tregua, indurrà gjorg predatore e preda della donna, del suo volto incantato - a un'imprudenza fatale: in un 'aprile spezzato' che spezzerà la sua vita.
A vent'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, un generale e un cappellano dell'esercito italiano vengono incaricati di ritrovare i resti dei soldati italiani caduti in albania. La solennità della missione si infrange contro le difficoltà determinate da un clima ostile, da una terra aspra e dalla fierezza di un popolo per il quale sembra che la guerra sia una condizione di vita. Quando il generale sarà pronto a riportare in patria la sua 'armata morta' si renderà conto di aver esumato, insieme ai poveri resti, ostilità e rancori di un popolo che sembra conservare l'atavico gusto di uccidere e di farsi uccidere. La violenza grava sul destino degli uomini e la follia della guerra unisce vincitori e vinti nella medesima desolazione.
Nel xv secolo i turchi ottomani combatterono in albania una più lunghe e sanguinose guerre che la storia registri. Al seguito di un capo irriducibile, il leggendario generale scanderbeg, il cui vero nome era giorgio castriota, gli albanesi difesero strenuamente, per oltre trent'anni, la propria libertà dalle periodiche invasioni di un nemico più potente e organizzato. La capitale dell'albania occupata, la cittadella di kruja, sottoposta a un assedio estenuante, divenne il simbolo della resistenza albanese: davanti alle sue mura invalicabili l'esercito turco è costretto a fermarsi ogni volta, stremato dal caldo torrido, fiaccato dall'attesa e sopraffatto dall'umiliazione e dall'angoscia, perché di nuovo l'autunno si avvicina e il frastuono dei 'tamburi della pioggia' sta per segnare la fine di ogni speranza di vittoria. Nella filigrana di queste pagine intense, che narrano una storia del xv secolo, il lettore può scorgere le ombre di più recenti vicende e conflitti che hanno colpito l'albania, istituendo quel proficuo rapporto tra passato e presente che rimane il sigillo della migliore tradizione del romanzo storico.