Il principe nechljudov riconosce nella prostituta ljubasa, accusata in un processo per omicidio, la contadina katjusa maslova, che egli aveva sedotto dieci anni prima, provocandone la rovina. Oppresso dai sensi di colpa, si adopera per salvare la donna e, con lei, la propria anima. Da un «affare giudiziario» realmente avvenuto prende spunto l'ultimo grande romanzo di tolstoj, che è soprattutto una riflessione sull'ineluttabilità del male, sull'ingiustizia universale della sofferenza, alla quale l'uomo può opporre solo la prospettiva di un riscatto individuale, come quello che troveranno, ciascuno a modo proprio, katjusa e nechljudov.
Pubblicato nel 1886, questo racconto descrive la vita di ivan il'ic, un borghese di buona famiglia, di discreta intelligenza e qualità mondane, costantemente preoccupato del parere dei superiori, che con le loro azioni potrebbero agevolarne la scalata sociale. Anche il matrimonio sembra confacersi alla pratica di vita da lui perseguita nella vita professionale: ha sposato la moglie più per convenienza d'affetto e sociale che per reale innamoramento. Tutto procede per il meglio, fin quando il protagonista non subisce un banale incidente domestico. Cadendo da uno sgabello ivan il'ic accusa un forte colpo al fianco, un dolore che con il passare del tempo sarà sempre più costante, costringendolo a consultare numerosi medici per cercare di venirne a capo. Nella situazione di disagio indotto dalla malattia cambiano così le sue priorità. Nell'avere pietà di se stesso, comincia sempre più a essere insofferente verso la rumorosa indifferenza della gente sana. Nessuno lo comprende né gli presta ascolto, tranne un muzik, un paesano, che fin dal giorno dell'incidente aveva cominciato a prendersi cura di lui, peraltro con un atteggiamento improntato a una straordinaria serenità. La malattia lo induce pertanto a rivedere tutta la scala dei valori che aveva ispirato la sua vita, guidandolo alla comprensione della verità: tutto è stato falso, nella vita familiare come nel lavoro. Ma alla fine della sua vita la menzogna si ritira, e ivan il'ic riuscirà a morire sereno, con il sorriso sulle labbra.
Anna, moglie insoddisfatta del noioso e rigido avvocato karenin, si innamora del bell'ufficiale vronskij. Rimasta incinta dell'amante, fugge con lui in italia, ribellandosi alle convenzioni di una società che la vorrebbe moglie fedele e asservita. Una storia romantica e tragica di portata universale, un atto d'accusa che tolstoj scagliò contro l'atteggiamento conformista e puritano della pietroburgo ottocentesca, dove chi non si adeguava ai rigidi canoni sociali veniva punito e ostracizzato.
«di fatto sta che egli, per motivi che alla più serrata analisi restano e devono restare oscuri, in quasi ogni suo scritto ci colpisce al cuore; e ci lascia, è vero, senza consolazioni e come vuoti (indice d'una forza eppure anche d'una debolezza), ma da quella stessa disperazione, da quel lavacro ciascuno potrà trarre nuova energia per procedere ovvero per tracciarsi daccapo la propria via, meglio ancora se diversa dalla sua». Tommaso landolfi
Ivan il'ic ha una vita soddisfacente, una buona carriera, una vita familiare e sociale apparentemente appagante. Nel nuovo appartamento di pietroburgo, città in cui si è trasferito dopo una promozione, cade da uno sgabello, sistemando una tenda, e prende un colpo al fianco. Il dolore provocato dalla caduta diventa, nei giorni, sempre più forte e tutte le cure si rivelano inutili. Il pensiero della morte gli fa riconoscere la falsità della sua vita, di chi lo circonda, dei suoi apparenti successi. L'unica persona che gli sa stare vicino è un giovane servo che lo assiste fino alla terribile agonia. Morente, capisce che così libererà, prima che se stesso, gli altri dalla sofferenza e con questo pensiero muore sereno.
Ivan il'ic ha una vita soddisfacente, una buona carriera, una vita familiare e sociale apparentemente appagante. Nel nuovo appartamento di pietroburgo, città in cui si è trasferito dopo una promozione, cade da uno sgabello, sistemando una tenda, e prende un colpo al fianco. Il dolore provocato dalla caduta diventa, nei giorni, sempre più forte e tutte le cure si rivelano inutili. Il pensiero della morte gli fa riconoscere la falsità della sua vita, di chi lo circonda, dei suoi apparenti successi. L'unica persona che gli sa stare vicino è un giovane servo che lo assiste fino alla terribile agonia. Morente, capisce che così libererà, prima che se stesso, gli altri dalla sofferenza e con questo pensiero muore sereno.
Un giovane principe della guardia imperiale di nicola i improvvisamente lascia tutto per andare in cerca della santità. E ha inizio per lui un confronto avventuroso, travolgente, con un dio sconosciuto che abita dentro di lui e al tempo stesso in tutto l'universo. La lunga vita del principe-monaco si trasforma in una parabola teologica, nella quale ogni certezza viene via via distrutta e non rimane, alla fine, che un'immensa libertà, conquistata attraverso tempeste di orgoglio, dubbio, sensualità. È la più intensa, la più struggente tra le autobiografie ideali di lev tolstoj. La scrisse tra il 1890 e il 1898, al culmine della predicazione del suo personale cristianesimo, integralista, antiecclesiastico, prepotentemente eretico. E non la pubblicò: teneva per sé questo
''la confessione' è l'opera che spezza esattamente in due la vita creativa di lev nikolaevictolstoj separando nettamente il 'primo' dal 'secondo' tolstoj, ossia quello precedente e quello posteriore alla conversione. Composto tra il 1879 e il 1882, dopo 'anna karenina' e prima della 'sonata a kreutzer' e di 'resurrezione', questo piccolo libro segna meglio di ogni altro il momento della conversione del grande scrittore. Anche se nelle posteriori opere religiose [. ] tolstoj si sforzerà di definire più esattamente l'essenza della propria fede, è senza dubbio nella 'confessione' che le motivazioni del rivolgimento che divide così nettamente la vita dello scrittore sono esposte nel modo più preciso e anche più convincente. Nelle opere religiose successive si avverte, infatti, soprattutto lo sforzo di sistematizzare il pensiero, di trarre conclusioni, di convincere e fare opera di apostolato della nuova fede. Nella 'confessione' invece, pur nella convinzione che il racconto delle proprie esperienze possa essere utile al lettore, tolstoj si preoccupa soprattutto di rendere nel modo più autentico e immediato il corso dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, senza mai sacrificare la sincerità e l'immediatezza ad esigenze sistematiche o al desiderio di convincere. ' (dalla postfazione di gianlorenzo pacini)
Ambientato nel caucaso, dove tolstoj prestò servizio militare, 'i cosacchi' (1863) narra un'esperienza intima, quanto mai varia e contraddittoria, vissuta dal protagonista olenin, alter ego dell'autore: la tentazione del ritorno alla natura, o meglio della fuga nella natura, culminante nel fallimento dell'amore per mar'janka. «come cercatore appassionato di dio e della verità,» scrive gianlorenzo pacini nell'introduzione «tolstoj accarezzò sempre il sogno di placare nell'abbraccio della gran madre natura le inquietudini della sua coscienza. L'incontro con il mondo cosacco dovette costituire per lui una chiara presa di coscienza del fatto che da quella parte la strada era chiusa, che non si poteva placare il dubbio semplicemente ignorandolo, che non si poteva scavalcare la coscienza per tornare all'immediatezza dell'essere. ».
Aggressivo, cinico, selvaggio, eppure stranamente inquietante: tale appare pozdnyšev agli occasionali compagni di viaggio che in una notte di primavera, nella penombra di un treno in corsa nella campagna russa, ascoltano sbigottiti la sua torbida storia di uxoricida. Quella di pozdnyšev è ben più di una confessione: è un'analisi impietosa del matrimonio, della condizione della donna, della gelosia e dell'amore. Le sue tesi rivelano verità crudeli, dissolvendo i miti tradizionali della famiglia e della felicità coniugale. Qual è la realtà del matrimonio borghese? Esiste in esso la possibilità dell'amore? Che rapporto c'è fra cultura e natura? Interrogativi che percorrono tutta l'opera di tolstoj, ma che solo nella 'sonata a kreutzer' vengono espressi in forma tanto esasperata da sfociare nel nichilismo.