L'anarchico céline, che amava definirsi un cronista, aveva vissuto le esperienze più drammatiche: gli orrori della grande guerra e le trincee delle fiandre, la vita godereccia delle retrovie e l'ascesa di una piccola borghesia cinica e faccendiera, le durezze dell'africa coloniale, la new york della 'folla solitaria', le catene di montaggio della ford a detroit, la parigi delle periferie più desolate dove lui faceva il medico dei poveri, a contatto con una miseria morale prima ancora che materiale. Questo libro sembra riassumere in sé la disperazione del nostro secolo: è in realtà un'opera potentemente comica, in cui lo spettacolo dell'abiezione scatena un riso liberatorio, un divertimento grottesco più forte dell'incubo.
Céline finge di concedere un'intervista all'immaginario professor y, trasformandola in un frenetico soliloquio sulla letteratura. Soliloquio 'dove céline - come scrisse mario bonfantini - condanna al fango e allo sterco tutti i moderni e contemporanei come noiosi e falsi, repellenti prodotti d'una marcia tradizione accademico-professionale'. La conclusione ricorda l'improvviso, incalzante cambio di ritmo delle comiche finali al cinematografo: il professor y, stremato e ubriacato dal fiotto di invettive di céline, sviene, stramazza, cerca scampo prima negli alcolici, poi buttandosi in una fontana, e dona fiori all'editore, in una sequenza di scene grottesche, che hanno suggerito a gianni celati (autore della traduzione e della prefazione) i nomi di harry langdon, buster keaton, i fratelli marx, stan laurel e oliver hardy.
Di ritorno dall'unione sovietica nel 1936, céline pubblica il primo dei suoi scottanti e sbalorditivi pamphlet politici: mea culpa. Il testo, che qui viene proposto nella traduzione e con una introduzione di giovanni raboni, non è solo l'appassionato e disperato atto d'accusa contro gli spaventosi limiti della natura umana, ma anche una preziosa testimonianza che permette di cogliere le illuminazioni di una spregiudicata profezia. In appendice al volume sono raccolti due testi che documentano da un lato la storia della ricezione di mea culpa in russia e rivelano dall'altro il rapporto di céline con autorevoli esponenti francesi della 'letteratura impegnata'.