Un libro ricco di pensiero e di vita dove uno psicoanalista legge senza facili conformismi la cifra antropologica del nostro tempo in un'analisi lucida e appassionata, recalcati ci dice che dobbiamo distinguere due versioni del tabú: «da una parte la sua forma semplicemente ideologico-superstiziosa; il tabú come luogo di restringimento e oppressione della vita. Dall'altra una forma del tabú come ammonimento e indice simbolico - memoria della legge della parola -, segno che la vita non ci appartiene mai come una semplice presenza di cui siamo proprietari, ma è qualcosa che porta con sé la cifra - trascendente e impossibile da svelare - del mistero». Il nostro tempo sembra aver dissolto ogni confine, compresi quelli stabiliti dai tabú. Non esiste piú un limite che non sia possibile valicare. La trasgressione è divenuta un obbligo che non implica alcun sentimento di violazione. La disinibizione diffusa ha preso il posto della reverenza passiva e sacrificale di fronte alle nostre vecchie credenze. Ma i tabú devono semplicemente essere smantellati dalla nuova ragione libertina che caratterizza il nostro tempo oppure conviene provare a ripensarli criticamente senza nutrire alcuna nostalgia per il passato? Ci sono parole chiave come preghiera, lavoro, desiderio, colpa, eutanasia, famiglia, che sono state in modi diversi associate ai tabú e che esigono oggi di essere riattraversate criticamente. Vi sono anche figure mitologiche, storiche o letterarie che sono divenute crocevia essenziali della nostra storia individuale e collettiva e che ci spingono a incontrare in modo nuovo lo spigolo duro del tabú: ulisse, antigone, edipo, medea, amleto, isacco, don giovanni, caino. Dal riferimento a grandi autori dell'occidente - da platone a hegel, da dostoevskij a sartre, da freud a lacan, da marx a calvino, da molière a beckett - cosí come nelle miserie della nostra vita quotidiana, recalcati rintraccia la sparizione del tabú e l'apparizione delle sue nuove maschere.