« quel personaggio incandescente che era la ragazza giulio» dice milena milani «mi faceva paura, perché sentivo che per molta gente sarebbe stato motivo di scandalo, e di vergogna. [ . ] quella ragazza che portava un nome maschile, che aveva in sé un'insoddisfazione esistenziale, perché era una creatura incompleta, che ricercava dio, che voleva sapere che cosa era il peccato, e che infine approdava alla solitudine, ora esisteva nelle trecento pagine del libro, e io timidamente lo consegnai all'editore». Si era nel 1962: la ragazza di nome giulio apparve soltanto nell'aprile 1964, venne presto sequestrato e successivamente fu al centro di un clamoroso processo: «ricordo quella mattina in cui il poeta ungaretti, giunto a milano, venne a testimoniare per me. Io, sul banco degli imputati, avevo una gonna troppo corta e il mio avvocato mi faceva segno ogni momento di coprire le ginocchia. [ . ] a ungaretti fu chiesto com'ero io moralmente. Il vecchio poeta disse che gli risultava che non mi piacessero nemmeno le barzellette». L'autrice venne condannata «alla pena della reclusione per mesi sei e lire centomila di multa» per offesa al comune senso del pudore, e solo nel 1967, al processo di appello, fu assolta con formula piena. Il romanzo potè tornare in circolazione e per molti anni lettori e critici italiani si schierarono su due opposti versanti, mentre all'estero il valore del libro fu subito riconosciuto. « la ragazza di nome giulio è di nuovo presente nelle librerie,» scrive milena milani nella nota «e altri lettori, maschi e femmine, potranno amarla o detestarla, appassionarsi alle sue vicende esistenziali, oppure disprezzarla, rifiutarla. La società, oggi, dovrebbe capire un personaggio come la ragazza di nome giulio, che ha precorso i tempi. Mi auguro che sappia accettare questa storia, i problemi del sesso e dell'anima, eterni come il mondo». Con uno scritto dell'autrice.