Englander, con un thriller dal meccanismo perfetto, riesce a mostrare tutta la complessa assurdità della vita degli uomini costretti a prendere parte a battaglie molto piú grandi di loro. Traduzione di silvia pareschi. «un libro magnifico: un'opera di precisione psicologica e forza morale che cattura con pari immediatezza sia l'eterna verità umana sia gli smarrimenti del presente». - colson whitehead il prigioniero z è un uomo senza piú identità né futuro. Da dodici anni è rinchiuso in una segreta nel deserto del negev con la sola compagnia del suo indefesso sorvegliante, nella vana attesa che il generale gli restituisca la vita. Ma com'è finito in quella cella desolata? Quale guerra di spie, quali doppi giochi e tradimenti, fra new york e gaza, parigi e berlino, l'hanno condotto fino a lí? E qual è davvero la sua colpa? Aver lasciato che la coscienza interferisse con la causa? Aver mentito troppo, o troppo poco? Aver amato ciecamente chi non era ciò che sembrava?
Si respira un'aria antica fra le pagine di questa nuova raccolta di racconti di nathan englander. C'è l'immutabilità della parabola e la sapienza della narrazione ebraica, c'è il grottesco di gogol' e l'ineludibilità di kafka, l'intelligenza caustica di philip roth e la spiritualità applicata di marilynne robinson. E intorno a tutto, incontenibile, liberatoria, un po' sacrilega, una sonora risata. La scrittura di englander corre agile sul filo teso fra il religioso e il secolare, agile e mai leggera, esplora gli obblighi e le complessità morali dei due versanti, ne assapora le esilaranti debolezze, strappando sorrisi pronti a congelarsi in smorfie attonite. Il marito esemplare e avvocato di successo di 'peep show' cerca la trasgressione in uno squallido locale a luci rosse, e incontra invece la sua cattiva coscienza travestita (o meglio svestita) da rabbino della sua vecchia yeshiva. Le nudità flaccide e pelose dell'esimio dottore della legge restano comiche solo fino al successivo, terrorizzante, travestimento. Si ride di gusto anche delle piccole manie geriatriche degli ospiti del centro estivo 'camp sundown', finché riguardano spray antizanzare e allarmi antifumo, ma quando le vetuste menti dei villeggianti credono di riconoscere in un compagno di soggiorno un carceriere nazista di ben altro campo del loro passato, la commedia si tinge di nero. L'ombra dell'olocausto, o di una sua rivisitazione, occhieggia insistente.