Hassan haji, secondogenito di sei figli, è nato sopra il ristorante di suo nonno, in napean sea road a bombay, vent'anni prima che fosse ribattezzata mumbai. Ed è cresciuto guardando la figura esile di sua nonna che sfrecciava a piedi nudi sul pavimento di terra battuta della cucina, passava svelta le fettine di melanzana nella farina di ceci, dava uno scappellotto al cuoco, gli allungava un croccante di mandorle e rimproverava a gran voce la zia. Tutto nel giro di pochi secondi. E ha capito infine come va il mondo osservando suo padre, il grande abbas, girare tutto il giorno per il suo locale a bombay come un produttore di bollywood, gridando ordini, mollando scappellotti sulla testa degli sciatti camerieri e accogliendo col sorriso sulle labbra gli ospiti. Naturale che quando l'intera famiglia haji si trasferisce, dopo la tragica scomparsa della madre di hassan, prima a londra e poi a lumière, nel cuore della francia, sia proprio lui, il piccolo hassan, a prendere il posto della nonna ammi ai fornelli della maison mumbai, il ristorante aperto a villa dufour dal grande abbas. Un locale magnifico per gli haji, con un'imponente insegna a grandi lettere dorate su uno sfondo verde islam, e la musica tradizionale indostana che riecheggia dagli altoparlanti di fortuna che zio mayur ha montato in giardino. Peccato che abbia di fronte un albergo a diverse stelle, le saule pleureur, la cui proprietaria, una certa madame mallory, sia andata a protestare dal sindaco per la presenza di un bistrò indiano.