Chi era davvero ursula cohen, la signora dagli occhi di ghiaccio? E soprattutto: perché tutti la volevano morta? Ci sono molte cose che ettore benussi, commissario quasi in pensione della squadra mobile di trieste, proprio non sopporta: i tipi che chiudono le telefonate con 'ciaociaociao' ripetuto all'infinito; gli edifici anni sessanta che rovinano l'urbanistica triestina; quella gran rompiscatole di sua figlia; la propria ingombrante pancia (motivo per cui ha appena cominciato, speranzoso, la dieta dukan). E poi non tollera i casi complicati, e nemmeno quei due ragazzotti che lavorano con lui, gli idealisti e fin troppo zelanti ispettori valerio gargiulo, detto napoli, ed elettra morin. È per questo che benussi preferirebbe ritirarsi e scrivere, tra un sorso di grappa e l'altro, le vicende di un commissario che assomiglia a montalbano. E invece no: sempre nuove gatte da pelare. Come il caso che tanto appassiona i suoi due sottoposti: la morte della vecchia ursula cohen, trovata senza vita nelle acque triestine. Per benussi è chiaro, la signora è scivolata e annegata. Ma che ci faceva una novantenne a passeggio sulle rive, in una notte di bora? E come mai - gli insinua il dubbio quella precisina dell'ispettrice morin - chiunque la conoscesse ne ricorda solo l'infinita cattiveria, e sembra avere ottimi motivi per rallegrarsi della sua morte? Tutti tranne l'amica di una vita renate stein: la sola a sapere dell'orrendo segreto che ursula cohen si portava dentro.