Per la storia non sono mai esistiti ma l'impero romano ha nei loro confronti un inestimabile debito di riconoscenza. Il loro intervento ha permesso di realizzare strategie impensabili, di vincere battaglie impossibili. Non sono addestrati a combattere, ma a leggere e interpretare i segni degli dèi, spianando la strada alle daghe romane, o a intervenire quando la forza delle armi lascia il posto al potere del trascendente. Indossano armature bianche come la neve e tuniche nere come la notte. Veggenti, auguri, negromanti, aruspici raccolti da bambini nelle arene, nei mercati degli schiavi e nei villaggi in fiamme. Le storie che corrono sulla bocca degli ubriachi nelle bettole di confine raccontano che siano guidati da un generale padrone di un misterioso linguaggio dei gesti. Si muovono sui campi di battaglia come spettri, inarrestabili e letali. Giulio cesare ne ha fatto un manipolo di eroi, ottaviano augusto li ha resi leggenda. Vigiles in tenebris è il loro motto e il nero destriero di plutone il loro simbolo. Sono i soldati della legio occulta.