Solomon northup, un uomo nato libero, fu rapito a washington nel 1841, poi ridotto in schiavitù per dodici, interminabili anni. In queste memorie, pubblicate per la prima volta nel 1853, troviamo tutta la sua storia: catturato con l'inganno a washington da due mercanti che fingevano di essere interessati alle sue doti di violinista, venne drogato, legato e trascinato al mercato degli schiavi. Lì fu subito minacciato: se avesse rivelato di essere nato libero, sarebbe stato ucciso. Iniziarono così dodici anni di schiavitù, di violenze, brutalità e sofferenze senza fine. Capì che gli schiavi valevano meno del bestiame: potevano essere picchiati, costretti a lavori massacranti, potevano morire nella completa indifferenza. Lui stesso venne assalito con un'ascia, minacciato di morte, fu costretto a uccidere per salvarsi. Poté vivere sulla sua pelle una delle pagine più nere della storia d'america, la piaga purulenta nascosta dietro la splendente vetrina del paese che cresceva e abbatteva ogni confine. Persino il campidoglio, il massimo monumento all'orgoglio americano, fu costruito dagli schiavi. Poi, al culmine della disperazione, solomon incontrò un uomo buono, un bianco che era completamente diverso dagli altri. A lui solomon affidò una lettera per sua moglie, per farle sapere che era ancora vivo. Ebbe inizio il lungo, doloroso processo. E da quel momento tutto cambiò.