La crisi è puntualmente arrivata, ma i nostri angeli del portafoglio ridanno speranze a tutti i risparmiatori: la ripresa è alle porte e l'importante è sfruttare al meglio la sua spinta, evitando gli errori del passato e le fregature sempre in agguato. Con lo stesso spirito del libro 'vaffanbanka! ' (il manuale che vanta più tentativi d'imitazione della 'settimana enigmistica'), fratini e marconi analizzano, informano e consigliano con rigore e indipendenza di giudizio, strappando ancora una volta aperti sorrisi agli affezionati lettori. Oltre alle sezioni 'ricordare' (per sapere quello che è successo e cosa hanno tentato di darci a bere), 'capire' (la finanza criminale e investire informati) e 'agire (e ripartire)' dalla crisi, non mancano gli esilaranti box di approfondimento, le pagine 'dire, fare, baciare, lettera, testamento' e il 'glossip', ovvero il glossario umano e di varia società. Il resto scopritelo da voi: potreste diventare ricchi. Per cominciare, di spirito. Poi, si vedrà.
Mega-macchine sociali: sono le grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come componenti o servo-unità. Esistono da migliaia di anni. Le piramidi dell'antico egitto sono state costruite da una di esse capace di far lavorare unitariamente (appunto come parti di una macchina) decine di migliaia di uomini per generazioni di seguito. Era una mega-macchina l'apparato amministrativo-militare dell'impero romano. Formidabili mega-macchine sono state, nel novecento, l'esercito tedesco e la burocrazia politico-economica dell'urss. Come macchina sociale, il finanzcapitalismo ha superato ciascuna delle precedenti, compresa quella del capitalismo industriale, a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare penetrazione in tutti i sottosistemi sociali, e in tutti gli strati della società, della natura e della persona. Cosi da abbracciare ogni momento e aspetto dell'esistenza degli uni e degli altri, dalla nascita alla morte o all'estinzione. Perché il finanzcapitalismo ha come motore non più la produzione di merci ma il sistema finanziario. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati allo scopo di produrre immediatamente una maggior quantità di denaro. In un crescendo patologico che ci appare sempre più fuori controllo.
2012: l'italia è in recessione. Cittadini e lavoratori pagheranno di nuovo il conto di una crisi causata da una finanza-casinò ai cui profitti non partecipano, ma di cui scontano le perdite. La speculazione prosegue indisturbata, mentre i piani di austerità, ci si dice, costituiscono i soli modi per 'restituire fiducia ai mercati'. Restituire fiducia: come se al contrario non fosse il sistema finanziario a doversi riconquistare la nostra fiducia. Sentiamo parlare tutti i giorni di debito pubblico, di derivati, di spread: ma è difficile capirci qualcosa, e sembra difficilissimo intervenire come singoli per cambiare le cose. Non è complicato comprendere la finanza, e neppure agire in prima persona: 'finanza per indignati' lo dimostra, partendo dagli argomenti più semplici - cos'è la finanza, come funzionano le borse e le banche - e conducendo progressivamente il lettore a comprendere a fondo i meccanismi della speculazione, i nuovi strumenti finanziari, la situazione dei conti italiani, l'impasse dell'europa. Negli ultimi illuminanti capitoli, il lettore avrà gli strumenti per valutare con cognizione di causa le soluzioni indicate dagli economisti critici e dai movimenti di protesta di tutto il mondo: e, siamo pronti a scommetterci, si ritroverà più indignato di prima, ma meno pessimista e meno disposto a tollerare soprusi nel nome del (presunto) libero mercato.
La crisi dei mutui subprime è scoppiata nel 2007, e dagli stati uniti ha contagiato l'intera economia globale. Oggi, mentre il resto del mondo è in ripresa, in europa stiamo ancora parlando di debiti. Perché? È ormai chiaro che terapie sbagliate come l'austerità hanno solo peggiorato le cose. Occorre una diagnosi più accurata, capace di risalire alle origini dei nostri problemi. Chi è stato a indebitarsi così tanto, e per quale motivo? Da chi ha avuto i soldi? Perché solo in italia e in europa non ne stiamo venendo fuori? Alberto bagnai dimostra che le radici della crisi europea affondano nell'iniqua distribuzione del reddito che da più di trent'anni caratterizza tutte le economie avanzate. Con la globalizzazione finanziaria, i salari reali hanno perso terreno rispetto alla produttività del lavoro, a tutto vantaggio dei profitti. Ma perché il capitalismo funzioni, se non è sostenuta dai salari, la domanda di beni deve essere finanziata dal debito. Da una situazione in cui il lavoratore è un cliente, si è passati a una realtà in cui il lavoratore è un debitore. È il trionfo del capitale sul lavoro, ma anche il fallimento del paradigma economico liberista. In europa, la moneta unica ha accentuato queste dinamiche globali. L'euro ha permesso ai cittadini del sud di finanziare più facilmente il consumo di beni prodotti dal nord, e li ha indotti ad accettare politiche di compressione dei salari e dei diritti, presentate come biglietto di ingresso nel club dei paesi 'virtuosi'.
Nel settembre del 2006, dal podio del fondo monetario internazionale, un professore di economia della new york university ammonì i presenti su un imminente, terribile crack dell'economia mondiale, innescato dalla crisi dei mutui immobiliari americani, dall'oscillazione dei prezzi del petrolio e dalla conseguente crisi di fiducia dei consumatori. All'epoca nessuno diede peso alle sue fosche analisi, ma oggi nouriel roubini è riconosciuto come uno degli economisti più autorevoli del mondo, dopo che tutte le sue previsioni si sono puntualmente avverate. In questo libro roubini svela finalmente ai lettori in che modo è riuscito a prevedere prima di altri la crisi in arrivo, evidenzia gli errori da evitare nella fase attuale, indica i passi da compiere per uscirne in modo stabile. Centrale nella sua visione è la convinzione che i disastri economici non sono
Nell'olanda di fine seicento il tulipano, reso popolare dai turchi ottomani, causò una vera e propria frenesia botanico-finanziaria. I bulbi venivano scambiati con maiali o percore, vino o burro, abiti o letti, gli ibridi più rari e pregiati raggiunsero ben presto quotazioni folli, da capogiro, tanto da valere più di una casa. L'interesse della gente arrivò a non dipendere più dalla loro bellezza, ma dalla nascente consapevolezza che se ne poteva trarre profitto. Cosi, grandi mercanti e umili contadini si fecero contagiare da questa febbre dilagante e il mercato si gonfiò a dismisura fino a crollare nel 1637, come wall street nel 1929, determinando 'la prima grande crisi speculativa del capitalismo moderno'. La prima bolla economica che preannuncia e anticipa le successive, i tulipani di ieri come le dot. Com e come i mutui subprime di oggi, delirio collettivo e prezzi alle stelle: un inarrestabile contagio sociale che porta il sistema al collasso. Mike dash ripercorre questo caso di isteria collettiva e di speculazione di massa e, attraverso la vicenda di un fiore, svela gli imponderabili meccanismi delle passioni umane che tante volte determinano il nostro destino.
In uno stile colloquiale e diretto, attraverso l'indagine storica, antropologica, filosofica, teologica, graeber ribalta la versione tradizionale sulle origini dei mercati. Mostra come l'istituzione del debito sia anteriore alla moneta e come da sempre sia oggetto di aspri conflitti sociali: in mesopotamia i sovrani dovevano periodicamente rimediare con giubilei alla riduzione in schiavitù per debiti di ampie fasce della popolazione, pena la deflagrazione di tutta la società. Da allora, la nozione di debito si è estesa alla religione come cifra delle relazioni morali (
Merkel, sarkozy, monti, draghi, tutti a ripetere lo stesso mantra: austerità, pareggio di bilancio, taglio della spesa pubblica. E intanto la grande recessione ci rituffa nell'incertezza totale del settembre 2008, quando la lehman brothers crollò gettando i mercati finanziari nel panico. Se allora erano le banche a dover passare sotto le forche caudine della speculazione, adesso è la volta degli stati, specialmente quelli europei, indebitati fino al collo per far fronte alla crisi e costretti a sottomettere il proprio debito al giudizio giornaliero dei mercati e alle bizze delle agenzie di rating. Dopo grecia e irlanda, anche spagna e italia sono arrivate a un passo dal baratro, mentre la politica monetaria appare impotente nell'impedire la frantumazione dell'europa. Ma se l'austerità fosse il rimedio che aggrava la crisi invece di risolverla? Se i tagli e l'aumento delle tasse invece di risanare il bilancio deprimessero ulteriormente l'economia e quindi il gettito fiscale? Emiliano brancaccio e marco passarella, rinnovando la lezione di keynes, ci spiegano perché, di fronte a una crisi di domanda come la nostra, la linea dell'austerità va combattuta, in quanto conservatrice, antisociale e quindi antidemocratica. Perché l'austerità è di destra, anche se in bocca a politici di tutti gli schieramenti.
Di fronte alla crisi internazionale, alle banche che dagli stati uniti all'europa cadono come pezzi di un domino e alla mobilitazione dei governi per salvare il salvabile, in italia e nel mondo si sono fatte strada analisi pericolose: un altro 1929; il capitalismo è finito; la finanza va imbrigliata; lo stato deve tornare a guidare l'economia. Alesina e giavazzi smontano una dopo l'altra queste tesi, spiegano che cosa è successo e chi sono i veri responsabili della crisi. Non la globalizzazione, la cina, l'euro, gli speculatori, come si sente ripetere, ma una cattiva politica, un cortocircuito dagli effetti devastanti tra mercato e stato, tra regolatori e regolati. E aiutano a capire come l'italia può ricominciare a crescere.