Un congedo disincantato dal nostro tempo e dalle sue nostalgie, un'acrobazia senza rete sull'essenza della realtà sospesa fra una implacabile sete di giustizia e la comica malinconia per una giovinezza che non si decide a terminare. Il romanzo di un uomo che pur di scrivere si è ridotto a vivere. «ma una voce è una voce e uno sguardo è uno sguardo e un ascolto è un ascolto ovunque, e non esistono deserti, esistono habitat nascosti alle brame umane o in divenire che non sono meno vivi solo perché non li abiti tu o non farai più in tempo a viverci, questa è la realtà e questa è anche la mia consapevolezza ultima, di altre non saprò che farmene. » aldo busi è nato il 25 febbraio 1948 a montichiari, dove ha mantenuto la residenza fiscale. Allontanandosi prima con la mente che con il ventre da una cena mondana tanto esilarante quanto amara, benché esibita come fastosa e gustosa da una consorteria di commensali impuniti per statuto, e passando per un ricordo d'infanzia dell'inossidabile barbino di seminario sulla gioventù, attraverso se stesso aldo busi ci racconta le tragedie di un mondo in cui, insieme allo sforzo di nascondere l'ipocrisia, si è perso anche l'ultimo barlume di compostezza etica: il patto sociale è stabilito da chi ha potere e denaro sufficienti per calpestarlo. In una società popolata da uomini e donne così arroganti da pretendere di esserne i protagonisti disperati e interessanti, dove si comunica a occhiate o facendo l'occhiolino e la lingua è corrotta non meno dei costumi, tutto contribuisce ad alimentare lo stolto chiacchiericcio che copre – anzi permette di non ascoltare – persino una drammatica richiesta d'aiuto lanciata dal cuore del mediterraneo.
Cosa accade quando il perdono si rivela una vendetta per chi lo concede e una condanna per chi lo riceve? Quattro storie sorprendenti dal maestro del racconto. Ah, il perdono! Gesto meraviglioso grazie al quale chi perdona viene affrancato dal risentimento e chi è perdonato viene sollevato dal senso di colpa per aver compiuto il misfatto. Ma cosa accade quando il perdono si rivela una vendetta per chi lo concede e una condanna per chi lo riceve? È il tema dei quattro racconti di eric-emmanuel schmitt raccolti nel volume 'la vendetta del perdono', dal titolo di uno dei quattro. Con la consueta spigliatezza e ironia l'autore ci presenta quattro situazioni in cui l'atto di bontà diventa il mezzo di una vendetta sottile, quasi sadica, contro il destinatario della stessa bontà. Così abbiamo la storia di lily, la gemella buona e brava che perdona alla sorella mosetta di essere invidiosa e subdola; la storia di mandine, che perdona a william di averla sedotta e abbandonata; la storia di Élise, che perdona a sam louis di aver violentato e ucciso sua figlia; e infine la storia dell'anziano aviatore werner von breslau, che perdona a se stesso di non essersi opposto al nazismo nel decennio che ha sconvolto il mondo. L'epilogo di ognuna delle quattro novelle ci ricorda che il risultato delle nostre azioni non è sempre quello che ci aspettiamo. E se a descriverlo è la penna di schmitt, possiamo star certi che il finale inatteso è sempre un magistrale 'coup de théatre'.
Nel romanzo di christa wolf, medea è una donna forte e libera, una 'maga' depositaria di un 'sapere del corpo e della terra'. È questo 'secondo sguardo' che le fa scoprire un orribile segreto nascosto nel sottosuolo del palazzo reale di corinto. Medea dovrà pagare per aver svelato il crimine su cui si fonda il potere. Non saprà né vorrà difendersi perché - dopo aver abbandonato la natia colchide, anch'essa macchiata di sangue innocente - non ha più radici né ideali che la sostengano. Dopo dieci anni da cassandra, christa wolf torna al romanzo con medea, ricorrendo come in quella felice occasione alla riscrittura radicale del mito. La figura di medea ci è stata consegnata da euripide soprattutto come la madre che ha ucciso i propri figli, la violenza irrazionale contrapposta alla razionalità patriarcale della civiltà greca. Christa wolf ribalta questa versione con una vera e propria indagine riallacciandosi alle fonti antecedenti euripide.
Secondo don gennaro bellavista, professore partenopeo purosangue, troppe sono le banalità che si dicono e si scrivono su napoli e sui suoi abitanti, sul suo mare e sul suo vesuvio col pennacchio. La vita a napoli è ben altra cosa. È un'arte sottile. «solo a napoli ognuno vive in un'inebriata dimenticanza di sé» scriveva goethe, felicemente sorpreso. Ma non solo a napoli, scrive luciano de crescenzo, il sorriso e il sentimento aiutano l'intelligenza nel mestiere di vivere, sempre seguendo l'infallibile ricetta del professor bellavista, che «è pure abbastanza facile da ricordare: metà amore e metà libertà». A quarant'anni dalla sua prima pubblicazione, 'così parlò bellavista' non ha perso la sua forza dirompente e la sua sagacia filosofica, confermandosi come un 'piccolo classico' della letteratura partenopea che è anche una straordinaria rappresentazione della natura umana.
Oltre eboli c'è un più profondo sud, sconosciuto e laborioso, qui descritto attraverso le vicende di tre generazioni di una famiglia dell'aspromonte. È la saga degli umili, vi si racconta il sud degli ultimi, in cento anni di un cammino verso l'italia, dall'impresa dei mille alla devastante alluvione del 1951. Cento anni che attraversano un piccolo angolo di mondo: un paese osserva e interpreta l'eco di vicende lontane dentro cui spesso non si riconosce ma che muteranno il corso della sua vita. Una grande forza morale, la disperazione e il rifiuto dell'emarginazione stanno all'origine del tentativo di percorrere il proprio tempo. Sullo sfondo di un aspromonte misterioso e impenetrabile, che cova, avvolge e segna i caratteri degli uomini, la storia di una famiglia si dispiega dentro la storia d'italia, ma senza farne parte davvero appieno, e tinge di unicità quei frustoli di vita quotidiana di cui il tempo non serba il ricordo. Una variopinta folla paesana accompagna, come un coro greco, nella sorprendente esplorazione di un mondo che poteva essere piccolo e che invece giganteggia sotto sapienti pennellate capaci di commuovere nel profondo. Romanzo di grande forza narrativa, diventa metafora, anzi tante metafore che si intrecciano e si alternano senza mai sostituirsi luna all'altra.
Al centro di questo romanzo misterioso e potente, che scorre in una lingua tersa dove sembrano risuonare insieme gli echi delle vite dei mistici e la poesia di emily dickinson, c'è la figura di ildegarda. Una donna che viene lasciata dal marito amatissimo ma devastato nello spirito. La sua solitudine è illuminata solo dall'amore per il figlio che adora. Quando l'ombra della morte sembra sfiorare il bambino, ildegarda si interroga sul male del mondo, sulla paura di vivere, di perdere l'amore, di perdere il figlio. Lo strazio per l'abbandono e soprattutto l'angoscia per non saper proteggere il figlio portano ildegarda a cercare nella sua fede irrequieta una strada di salvezza. Un patto con quel dio che appare impotente di fronte al dolore dell'uomo. È la lotta che ciascuno di noi, credente o no, un giorno si trova a combattere. Un nuovo inatteso incontro, nell'incanto di un paesaggio di neve dalla bellezza struggente, porta ildegarda a vivere una passione del corpo e dello spirito che ha in sé un'attesa di eternità. Di un'altra vita e giorni nuovi. Perché il sogno di ogni amore è che il miracolo non abbia fine. Forse è solo una promessa, ma una promessa è molto più potente di un sogno.
Che cos'è perla, la città artificiale in cui alfred kubin, grande disegnatore e maestro del fantastico, ha ambientato il suo unico romanzo? È un mosaico di ruderi, di antichità, di avanzi decrepiti e corrosi del passato, tratti dai più famosi angoli del mondo. Una quinta perfetta per la sua popolazione di nevrastenici e nostalgici in fuga dal proprio tempo – ma anche il dominio di un sovrano inafferrabile che tiene sotto il suo incantesimo uomini e cose, accomunandoli in un unico, allucinante disegno. Nato nel 1908 dalle visioni che tormentavano l'autore, e illustrato dal suo pennino febbrile, questo libro ha finito col sembrare, nei decenni, sempre meno un ordito di incubi e sempre più l'evocazione di un mondo che a poco a poco si sta svelando – e suona molto più plausibile se lo situiamo nell'epoca di «blade runner» che all'inizio del novecento.
Storia di ciccio pesce e dei suoi quattordici, quindici e sedici anni, un tempo letterario sufficiente a far conoscenza con: due asfissianti genitori che lo credono afflitto dalla sindrome di asperger, quattro ragazze morte (le sue), poliziotti e carabinieri che gli girano attorno senza che riesca a spiegarsene il motivo, un'amica invisibile che gli occupa la testa senza che ci sia modo di sfrattarla, uno zio erotomane con l'ossessione di entrare nel guinness book of sexual records. Ingredienti: rabbia, paura, tristezza, gioia, allegria, ansia, rassegnazione, gelosia, speranza. Indicazioni terapeutiche: terapia sintomatica della noia acuta e cronica.
Ispirata a un famoso fatto di cronaca della new york del primo novecento, la storia dei fratelli homer e langley collyer assume nella rivisitazione di doctorow, maestro nell'amalgamare avvenimenti reali con episodi romanzati, i contorni del mito. Homer, il fratello cieco, e langley, tornato semifolle dalla grande guerra, sono due rampolli di una famiglia benestante che nel corso dei decenni trasformeranno il loro palazzo in un delirante ricettacolo di ciarpame, dove vivranno come reclusi fino a rimanere sepolti sotto le tonnellate di spazzatura da loro stessi accumulata. Questi personaggi tragici ed emblematici, che hanno perfino dato il nome alla cosiddetta 'sindrome di collyer', diventano la metafora di un mondo e lo specchio di un lungo periodo della storia americana. Homer e langley, benché rinchiusi nella loro folle utopia, saranno infatti testimoni di tutti gli avvenimenti fondamentali di quegli anni, dalle guerre ai movimenti politici, dal progresso tecnologico a una serie di personaggi indimenticabili, immigrati, gangster, musicisti jazz, hippy.
Ritorna in italia l'attentato, tra i romanzi più celebri di yasmina khadra, pubblicato in francia nel 2005 e in italia nel 2007 con il titolo l'attentatrice. Uscito in 37 paesi ha venduto a oggi oltre un milione di copie. «dissociamo i terroristi dalla religione, sono un'organizzazione criminale». - yasmina khadra, genova, 15 novembre 2015 «un affresco che ha il pregio di far entrare il lettore in una realtà difficile da comprendere. Un inno alla vita pur nella inevitabilità del dolore e nella fragilità della condizione umana». - il sole 24 ore l'attentato racconta un dramma dolorosamente attuale che si consuma da molti decenni, una storia tragica dei nostri giorni nella quale yasmina khadra con lucidità e commozione riesce a dipingere la realtà del terrorismo, a porre quesiti, a illuminare contrasti e contraddizioni. Il dottor amin jaafari è un chirurgo israeliano di origine araba, una figura di confine in bilico tra due mondi. Si è sempre rifiutato di prendere posizione sul conflitto che oppone il suo popolo d'origine e quello d'adozione e ha scelto di dedicarsi al lavoro e al piacere di vivere accanto all'adorata moglie sihem. Fino al giorno in cui in un ristorante affollato nel centro di tel aviv una donna fa esplodere la bomba che teneva nascosta sotto il vestito. È una carneficina. In ospedale scatta l'emergenza, arrivano i feriti, i corpi a brandelli, i cadaveri. Dopo ore interminabili passate in camera operatoria, amin ritorna a casa sfinito per essere risvegliato da una telefonata dell'amico poliziotto naveed. Gli viene chiesto di recarsi subito a riconoscere il corpo dilaniato di sua moglie. È lei la donna kamikaze che si è fatta esplodere causando la strage. Spinto dal rimorso e dalla determinazione cieca di chi vuole capire la verità, amin affronta un viaggio verso i luoghi da cui proviene il terrorismo e i suoi sostenitori. Per trovare una spiegazione, una risposta al dolore, per comprendere la donna affascinante, intelligente, moderna con cui ha vissuto. Per capire le ragioni dell'attentato che ha devastato la sua vita. Nel 2013 dal romanzo è stato tratto il film l'attentat del regista libanese ziad doueiri, presentato ai maggiori festival internazionali e stella d'oro al festival internazionale di marrakech.