In un reportage di grande intensità e ferocia antonio moresco racconta un viaggio tra i rom di slatina e listeava in romania, tra persone costrette a vivere in case di fango o dentro buche scavate nel terreno, ai confini del modo 'civilizzato', dentro quella fascia di miseria che attraversa il ventre dell'europa: 'tutto questo perché? Per quale ragione? Per quale disegno? Per quale sogno? ' . Nel suo linguaggio irruente e abnorme, come abnorme è la realtà che descrive, l'autore trascina i suoi lettori in una delle contraddizioni più acute di questo secolo. Il racconto procede in un dialogo ininterrotto con i compagni di viaggio, l'occhio fisso sui marciapiedi della civiltà, dove gli zingari, uomini e donne che non stanno mai fermi, sono la nostra parte più miserabile, più individualista e fatalista: 'questo misto di libertà e opportunismo, di fierezza e di infingardaggine, di irriducibilità e di parassitismo, di anarchismo e fascismo' sono noi eppure sono anche assolutamente altro. C'è qualcosa nella loro presenza di inspiegabile e sfuggente, di infinitamente arcaico eppure duttile. È lì che moresco conduce il lettore, sulla soglia del silenzio. Lì dove arrivano anche le fotografie di giovanni giovannetti che chiudono il libro.
Il 23 maggio 1992 il giudice falcone muore nella strage di capaci. Cinquantasette giorni dopo il giudice borsellino salta in aria insieme ai cinque uomini della scorta a palermo. John follain – giornalista inglese inviato in italia proprio in quegli anni – ricostruisce minuziosamente la dinamica degli attentati e l'inchiesta che ne seguì: dalla disperata corsa contro il tempo di borsellino per scoprire chi avesse ucciso falcone, nella tragica consapevolezza di essere il prossimo della lista, fino alla straordinaria parabola investigativa che portò all'arresto dei padrini riina e provenzano.
«mi aiuti a scoprire chi era mio padre? Non l'ho mai conosciuto, ma è sempre con me. »«nell'intenso incontro con aldo cazzullo nell'ambito di bookcity milano, mario calabresi ha svelato particolari inediti della sua vita e della genesi del suo ultimo libro, quello che non ti dicono, incentrato sulla tragica vicenda di carlo saronio, rampollo dell'alta borghesia milanese e simpatizzante dei movimenti di sinistra più estremisti degli anni settanta» - paolo virtuani, corriere della sera per mesi questa richiesta, arrivata alla fine di una presentazione de la mattina dopo, è rimasta sepolta nei miei pensieri. Poi, la mail di un missionario che vive nel deserto algerino mi ha convinto a mettermi in viaggio. Il padre di marta scomparve nel 1975 quando lei non era ancora nata, risucchiato nel gorgo del terrorismo che aveva cominciato a insanguinare l'italia. Carlo saronio, figlio di una delle famiglie più benestanti di milano, non aveva ancora ventisei anni quando venne tradito dagli amici con cui condivideva ideali rivoluzionari. Marta per anni non ha mai fatto domande, immersa in un faticoso silenzio. Ma non si può vivere in eterno con i fantasmi, arriva sempre il giorno in cui dobbiamo fare i conti con le memorie, anche le più dolorose. Così le ho detto di sì, e ho cominciato un viaggio alla ricerca delle tracce di quel ragazzo che viveva sospeso tra due mondi inconciliabili, che trovò il coraggio di scegliere la sua strada quando era troppo tardi. Scavando nei ricordi di una milano in cui il passato è ancora presente tra noi, sono riuscito a riannodare i fili di una storia mai raccontata, che appartiene anche a me.
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.
Le spericolate e incredibili avventure di un protagonista assoluto della finanza e della politica mondiale. Accusato da tutti di tutto. Può un uomo da solo alterare gli equilibri internazionali? E come i social sono riusciti a far di lui un mostro? «posso combattere un miliardario speculatore che vuole riempire l'europa di finti profughi? O sono un nazista? » - matteo salvini «vorrei non avere così tanti nemici, ma la prendo come un indizio del fatto che qualcosa di giusto lo sto facendo. » - george soros speculatore senza scrupoli e filantropo ebreo, già finanziatore delle campagne elettorali di obama e dei clinton, e in italia dei radicali di emma bonino e di +europa, odiato da orbán e dai sovranisti (secondo salvini sarebbe lui il grande regista dell'immigrazione clandestina, allo scopo di favorire in occidente la 'sostituzione etnica'): chi è veramente soros, uno degli uomini più potenti al mondo, che sbancò in un solo giorno la banca d'inghilterra e mise in ginocchio la lira e il rublo, 'personaggio dell'anno 2018' secondo il 'financial times'? 'mi hanno incolpato di tutto, incluso di essere l'anticristo' ha confessato il magnate ungherese che da ragazzo sognava di diventare keynes o einstein. Luca ciarrocca ha provato a ricostruire le incredibili tappe della sua vita, tutta giocata sull'azzardo e la sfida: tra fake news colossali alimentate persino da trump, campagne diffamatorie e indubbie verità, ecco l'identikit del 'pericoloso estremista della sinistra radicale' simbolo del male assoluto, capo della cupola che vorrebbe dominare il mondo. Abbiamo bisogno di nemici e capri espiatori, e soros, ebreo, ricchissimo, con le sue contraddizioni, è il bersaglio perfetto. È lui il diavolo di cui aver paura. Intanto il virus dell'odio diffuso in rete e i complotti reazionari dell'antisemitismo nel tempo si rinnovano e si propagano mettendoci gli uni contro gli altri. Come in una guerra.
Per la prima volta in un libro, i risultati della commissione d'inchiesta sul disastro del moby prince, che conducono finalmente a un passo dalla verità storica, ventisette anni dopo quel tragico 10 aprile 1991. Un racconto appassionante che ripercorre tutta la vicenda, fino alla storia inedita e clamorosa di un accordo riservato tra le parti, avvenuto due mesi dopo la strage. «se vogliamo trovare la verità forse dobbiamo allontanarci dai tribunali» – dalla testimonianza di un familiare delle vittime questa è la storia di una strage impunita, archiviata per ventisette anni come un tragico incidente. Livorno, 10 aprile 1991, ore 22. 25. Un traghetto passeggeri, il moby prince, sperona la petroliera agip abruzzo della compagnia statale snam ferma all'àncora. La collisione apre uno squarcio sulla fiancata della nave, il combustibile fuoriuscito prende fuoco e scatena un incendio. Centoquaranta vittime, la più grande tragedia della marineria civile italiana dal dopoguerra. Secondo la ricostruzione ufficiale, stabilita da due sentenze assolutorie e altrettante richieste di archiviazione, la causa dello scontro sarebbe stata «una nebbia fittissima». E non ci fu soccorso perché le vittime morirono pochi minuti dopo la collisione. Caso chiuso. Questo libro, con documenti, ricostruzioni e testimonianze inedite, è la clamorosa storia di un riscatto. La storia appassionante di una battaglia arrivata a una svolta solo di recente, nel gennaio 2018, con la pubblicazione del documento finale della commissione d'inchiesta sulle cause del disastro. Finalmente abbiamo una verità storica che può essere raccontata. Una verità che ancora oggi fa troppa paura.
Il sud, e in particolare la capitanata, è diventato da diversi anni meta di decine di migliaia di immigrati che accorrono per la stagione della raccolta del pomodoro. Raccogliere l'
«autunno tedesco è uno dei migliori libri mai scritti sulle conseguenze della guerra, nella tradizione di grandi classici come quello di john reed sulla russia e di edgar snow sulla cina. » henning mankell «di fronte al corto circuito linguistico e morale che pervadeva i testimoni tedeschi, dagerman compì un'operazione coraggiosa: si assunse la responsabilità dello sguardo. La responsabilità di raccontare ciò che per quasi tutti era meglio lasciare sepolto fra le macerie» – dalla postfazione di giorgio fontana nel 1946 furono molti i cronisti che accorsero in germania per raccontare quel che restava del reich finalmente sconfitto, ma dal coro di voci si distinse quella di uno scrittore svedese di ventitré anni, intellettuale anarchico e narratore dotato di una sensibilità fuori dal comune, inviato dall'expressen per realizzare una serie di reportage poi raccolti in un libro che è considerato ancora oggi una lezione di giornalismo letterario. Mentre le testate di tutto il mondo offrono il ritratto preconfezionato di un paese distrutto, che paga a caro prezzo gli orrori che ha seminato e dal quale si esige un'abiura convinta, dagerman, libero da ogni pregiudizio ideologico e rifiutando ogni generalizzazione o astrazione dai fatti concreti e tangibili, si muove fra le macerie di amburgo, berlino, colonia, su treni stipati di senzatetto e in cantine allagate dove ora vivono masse di affamati e disperati, cercando di capire nel profondo la sofferenza dei vinti. Ne emerge un quadro molto più complesso di quello che è comodo figurarsi. Mentre ci si accanisce a cercare nostalgici nazisti, dagerman si chiede come può un padre che vede morire il figlio di stenti dichiarare che ora sta meglio di prima; mentre le potenze occupanti pensano a punire e ad allestire processi, dagerman descrive la «messinscena» di una denazificazione di facciata e la morte spirituale di un paese che è troppo impegnato a lottare ogni giorno con la morte per riflettere sui propri errori, perché «la fame è una pessima maestra» per educare i colpevoli. Con il suo acume analitico e la sua empatia capillare, dagerman scava nelle contraddizioni della germania postbellica offrendoci un manifesto di accusa contro tutte le guerre, e una riflessione amaramente attuale sul potere, la giustizia e lo stato.
Agosto 2008: un volo notturno porta guy delisle a gerusalemme, dove il fumettista e la sua famiglia trascorreranno un anno della propria vita per dare modo a nadège, la compagna di guy, di partecipare a una missione di medici senza frontiere. Vivranno a beit hanina, un quartiere nella zona est della città che sin dalla prima passeggiata si mostrerà, in tutta la sua desolazione, decisamente diverso dalla gerusalemme propagandata dalle guide turistiche; e si destreggeranno più o meno goffamente in una quotidianità fatta di checkpoint e frontiere - teatro di perquisizioni e infiniti quanto surreali interrogatori -, delle mille sfumature di laicità e ultraortodossia, di tensioni feroci e contrasti millenari, e della disperata speranza, della rabbia e della frustrazione del popolo palestinese, in lotta ogni giorno contro l'occupazione, devastato dall'atrocità di un attacco (la tristemente nota operazione piombo fuso) di cui l'autore si trova a essere basito spettatore. Una quotidianità condizionata dunque da grandi questioni, eppure fatta, come ogni altra, di piccoli momenti, narrati dall'autore di 'pyongyang', 'cronache birmane' e 'shenzen'.