Sinossi Libro
Nel gennaio del 1929 robert walser si presentò, con la sorella lisa, in una clinica per malattie nervose vicino a berna. Da allora sino alla morte, avvenuta nel 1956, avrebbe vissuto sempre in casa di cura, dove veniva trattenuto sulla base di una diagnosi assai generica di disturbi mentali. I rapporti col mondo furono per lui in quegli anni pressoché inesistenti e, si direbbe, indesiderati. Dal recinto della clinica walser usciva soltanto per lunghe passeggiate. E per vent'anni gli si accompagnò spesso il critico carl seelig, che curò anche la pubblicazione di scritti di walser in un periodo in cui il suo nome appariva dimenticato. Dalle annotazioni di seelig è nato questo libro: vi troveremo, con quasi dolorosa intensità, la presenza fisica di robert walser, il suo passo, il suo «viso rotondo, infantile, come diviso a metà da un colpo di fulmine». E vi troveremo le sue uscite brusche, improvvise, a volta lancinanti, o di una finta normalità sospesa sul baratro, che toccano ogni sorta di argomenti, dagli autori prediletti alla sua vita passata, agli avvenimenti del mondo. Nessuno scrittore ha mai saputo trasmetterci un tale brivido nel dire che l'arte deve essere «amabile». Per walser la follia sembra essere stata il miglior pretesto per attuare il suo unico proposito degli ultimi ventisette anni: «scomparire il più discretamente possibile». Mentre lo seguiamo per i sentieri dell'appenzell, egli ci appare come la figura più affine all'ultimo hölderlin. E ciò che walser scrisse di hölderlin si applica innanzitutto a walser stesso: «hölderlin giudicò conveniente, anzi riguardoso, rinunciare a quarant'anni di età al proprio sano intelletto: con ciò offrì a molti l'occasione di compiangerlo nella maniera più dilettevole e gradevole. La commozione è qualcosa che fa bene alla salute, e perciò è bene accetta».