Frank ha diciannove anni ed è figlio dell'attraente tenutaria di una casa di appuntamenti in una città del nord durante l'occupazione nazista. Freddo, scostante, insolente, solitario, frank vuole in segreto una cosa sola: iniziarsi alla vita. E crede che il modo migliore per farlo sia uccidere qualcuno senza ragione. Con sbalorditiva sicurezza, simenon entra nella testa di questo personaggio al limite fra l'abiezione e una paradossale innocenza e intorno a lui fa vivere, fino a dargli una presenza allucinatoria, il mondo della neve sporca, la sordida scena di una città dove tutto è tradimento, rancore, doppio gioco.
Il freddo racconta il periodo passato da thomas bernhard, fra i diciotto e i diciannove anni, nel sanatorio pubblico di grafenhof. Ed è la storia di un'altra lotta durissima per la sopravvivenza, dove la malattia che assale il giovane bernhard è al tempo stesso una malattia terribilmente fisica – legata a una specifica persecutorietà ambientale e sociale – e una malattia dell'anima, come già indica l'epigrafe di novalis, che è la chiave del libro: «ogni malattia può essere definita malattia dell'anima». In questa vicenda di un «inabissarsi» in una «comunità della morte», per poi riemergerne quando tutto sembra perduto, arricchito dalla scoperta che «la via dell'assurdo è la sola praticabile», e quasi salvato dalla musica (a cui allora contava di dedicarsi), bernhard ci offre il penultimo, possente pannello della sua autobiografia, impresa solitaria e altissima della letteratura del nostro tempo.
Un'avventura erotica dello scià di persia nella vienna absburgica. Un romanzo dove l'autore torna a essere la pura voce senza nome della favola e muove i suoi personaggi in una spietata partita a scacchi di cui nessuno di essi può essere consapevole e che segnerà, per tutti, la rovina. Intatta, alla fine, rimane solo una collana di perle attorno a cui tutta la storia aveva occultamente ruotato. «il capolavoro di joseph roth, l'esito estremo della sua asciutta disperazione e del suo struggente amore di vivere». (claudio magris)
Questo trattatello, vera perla nascosta negli scritti postumi di schopenhauer, qui per la prima volta tradotto in italiano, venne elaborato «come un pulito preparato anatomico» per dare una sistemazione formale agli «artifici disonesti ricorrenti nelle dispute». Schopenhauer fornisce trentotto stratagemmi, leciti e illeciti, a cui ricorrere per «ottenere» ragione: per difenderla quando la si ha, e per farsela dare quando sta dalla parte dell'avversario. Lettura attraente e quanto mai utile: con freddezza classificatoria schopenhauer ci indica «le vie traverse e i trucchi di cui si serve l'ordinaria natura umana per celare i suoi difetti». Ma, nello stesso tempo, si tratta di un testo che si situa in un crocevia memorabile del pensiero moderno: negli stessi anni in cui hegel indicava nella dialettica la via per giungere al culmine dello spirito, il suo irriducibile antagonista schopenhauer la raccomandava come fioretto da impugnare in quella «scherma spirituale» che è il discutere, senza badare alla verità. Contro hegel, schopenhauer si presenta qui come un «maestro di scherma che non considera chi abbia effettivamente ragione nella contesa che ha dato origine al duello», ma si preoccupa unicamente di insegnare a «colpire e parare», giacché «questo è quello che conta». Le ragioni sottintese in questo duro contrasto sono illustrate nel saggio di franco volpi che accompagna il testo.
E se potessimo incontrare noi stessi come eravamo venti o mille anni fa, o come saremmo stati imboccando strade differenti? E se scoprissimo che ogni essere umano è un aspetto diverso di noi stessi? Bach e sua moglie leslie partono per un viaggio incredibile per un mondo alternativo, spinti dai messaggi di un uomo-ombra misterioso, 'l'altro richard'. E scoprono le loro diverse incarnazioni, che esistono simultaneamente, incontrando i loro stessi di sedici anni prima, quando si erano appena conosciuti. Un racconto magico e indimenticabile, un volo nel regno della fantasia ricco di poesia e dolcezza, che cerca di rispondere a una domanda profonda e delicata: diamo la nostra intera vita per diventare le persone che siamo. Come capire se ne vale davvero la pena?
Quattro facoltosi libertini decidono di celebrare il trionfo della lussuria attraverso una sorta di interminabile orgia: centoventi giorni con le mogli e trentadue persone asservite al loro piacere. A liberare la loro fantasia provvedono quattro novellatrici, ognuna delle quali ha il compito di raccontare centocinquanta passioni, dalle più semplici alle più efferate.
Quattro facoltosi libertini decidono di celebrare il trionfo della lussuria attraverso una sorta di interminabile orgia: centoventi giorni con le mogli e trentadue persone asservite al loro piacere. A liberare la loro fantasia provvedono quattro novellatrici, ognuna delle quali ha il compito di raccontare centocinquanta passioni, dalle più semplici alle più efferate.
Un'esplosione deflagra nei pressi di buckingham palace: un commando di una fazione dell'ira ha teso un'imboscata ai principi del galles e sta crivellando di colpi la loro auto. A pochi metri dalla scena si trova per caso jack ryan, ex marine e docente di storia navale in vacanza a londra, che interviene senza esitazione riuscendo a sventare l'attentato. Celebrato come eroe in inghilterra e in patria, ryan non ha però fatto i conti con i terroristi che, intenzionati a vendicarsi, danno vita a una vera e propria caccia all'uomo. Ne nascerà uno scontro senza esclusione di colpi, in cui la salvezza della famiglia di jack si intreccerà indissolubilmente con lo scontro tra i membri della cia e le frange più feroci del terrorismo internazionale. Tra agguati, conflitti a fuoco e inseguimenti all'ultimo respiro, il secondo romanzo della serie di jack ryan.
La misura perfetta per nina berberova è il racconto lungo, che attraversa un destino e un personaggio con il sibilo di una freccia. Qui si tratterà del destino di tanja, la «puttana»; di lei seguiamo le avventure da pietroburgo al giappone, alla cina, a parigi: donna rapace, sensuale, sordida, disegnata con magistrale economia di tratti e intensità nel dettaglio, figura che merita di occupare un suo posto nella galleria delle grandi abiette della letteratura russa. E accanto a lei, puntuale controcanto, apparirà il «lacchè», ex ufficiale della cavalleria zarista, finito come cameriere a servire caviale in un ristorante. Lo sfondo è la parigi dei russi bianchi, quinta mobile della disperazione e della degradazione. Lo scioglimento non può che essere sinistro – e, come sempre nella berberova, cela una punta che si rivela solo nelle ultime righe. Il lacchè e la puttana è apparso per la prima volta, in russo, nel 1937 su «sovremennye zapiski».
Un'esplosione deflagra nei pressi di buckingham palace: un commando di una fazione dell'ira ha teso un'imboscata ai principi del galles e sta crivellando di colpi la loro auto. A pochi metri dalla scena si trova per caso jack ryan, ex marine e docente di storia navale in vacanza a londra, che interviene senza esitazione riuscendo a sventare l'attentato. Celebrato come eroe in inghilterra e in patria, ryan non ha però fatto i conti con i terroristi che, intenzionati a vendicarsi, danno vita a una vera e propria caccia all'uomo. Ne nascerà uno scontro senza esclusione di colpi, in cui la salvezza della famiglia di jack si intreccerà indissolubilmente con lo scontro tra i membri della cia e le frange più feroci del terrorismo internazionale. Tra agguati, conflitti a fuoco e inseguimenti all'ultimo respiro, il secondo romanzo della serie di jack ryan.