«non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore. »«il leggere per la prima volta un grande libro in età matura è un piacere straordinario: diverso rispetto a quello d'averlo letto in gioventù. La gioventù comunica alla lettura come a ogni altra esperienza un particolare sapore e una particolare importanza; mentre in maturità si apprezzano molti dettagli e livelli e significati in più. Ci dovrebbe essere un tempo nella vita adulta dedicato a rivisitare le letture più importanti della gioventù. Se i libri sono rimasti gli stessi noi siamo certamente cambiati, e l'incontro è un avvenimento del tutto nuovo. » (italo calvino)
Una finestra sulla vita di amélie nothomb, una finestra da cui il lettore può guardare le mille sfaccettature della personalità unica della grande scrittrice belga. Michel robert, appassionato estimatore dell'autrice, raccoglie in questo libro una serie di conversazioni avute con lei tra il 1995 e il 2001. Conosciamo così le passioni di amélie, i suoi gusti, la sua idea della solitudine, della sessualità, dell'amicizia e dell'amore inteso come ossessione assoluta. Ne ripercorriamo la vita, l'infanzia, le relazioni familiari, i suoi spostamenti nel mondo, dal giappone all'europa… il ritratto di una donna straordinaria, complessa e affascinate, ma al contempo capace di confessare le proprie debolezze e ridere di sé stessa. Un documento eccezionale che racconta una scrittrice tanto sconcertante quanto imprescindibile.
'non siamo realmente noi se non quando, mettendoci di fronte a noi stessi, non coincidiamo con niente, nemmeno con la nostra singolarità' leggiamo già alle prime righe di questo libro. E subito sappiamo di trovarci di fronte a qualcuno che non si identifica né con l'uomo, né con la specie, né con una causa qualsivoglia, e neppure con se stesso. Pubblicato nel 1964, questo testo mostra con evidenza come il pensiero dell'autore fosse proiettato in avanti, verso temi che oggi appaiono ancora più urgenti. Si parla dell'albero della vita, della civiltà, dello scetticismo, della barbarie, della gloria, della malattia come in una sequenza di meditazioni segretamente collegate.
Graciela è una donna del sud del mondo, figlia di una lavandaia, ma è riuscita a compiere un'imponente ascesa sociale grazie al matrimonio con un uomo benestante e a uno strenuo impegno negli studi. Sembra destinata alla felicità, almeno la felicità borghese fatta di benessere materiale e riconoscimenti sociali; eppure non è felice, e dopo venticinque anni di matrimonio trova il coraggio di reclamare il suo bisogno d'amore: davanti al marito, seduto in poltrona a leggere con indifferenza il giornale, si lascia andare a un lungo, intenso monologo. Unico testo teatrale dell'autore, l'opera vive del linguaggio poetico dei romanzi dell'autore e dell'inconfondibile clima del realismo magico sudamericano, con un imprevedibile finale.
Nel 1930 aghata christie, già celebre scrittrice, sposava in seconde nozze il giovane archeologo max mallowan, decisa a seguire il marito nelle sue spedizioni in paesi come la siria o l'iraq. Nacque così questo libro di memorie, un resoconto di viaggi ironico e autoironico, candido e malizioso, discreto e sincero in cui l'autrice rievoca avventure e disavventure di una tranquilla signora della buona borghesia inglese.
Lo scrivere breve non è per gómez dávila solo un'arte o un genere letterario, ma un modo di pensare: l'unica forma, cioè, capace di restituire al pensiero la semplicità che il discorso gli toglie. L'unica in grado di dire il vero, che in una realtà lacerata risiede necessariamente nel frammento, oppure non è. Gómez dávila concepisce i propri aforismi come 'tocchi cromatici di una composizione pointilliste' che sfida il lettore a scorgere la totalità loro sottesa, e dunque a riconoscere il 'testo implicito', l'opera ideale a cui alludono. In questo volume viene presentata una seconda parte del grande libro degli 'escolios', cui gómez dávila si è dedicato per l'intera vita e che nell'edizione originale comprende cinque tomi, tutti composti esclusivamente di brevi, fulminanti sentenze.
In questi pensieri sul tempo e sull'occidente, sull'amore e sulla solitudine, sulla religione e sulla musica, la ribellione appare venata da ironia, lo sgomento da humour. Rimasti dapprima senza eco, i sillogismi divennero poi il libro più letto di cioran in francia e in germania e il più rappresentato nelle antologie di aforismi.
L'opera è una riflessione sulla vita e sull'umanità, sulla sacralità dei gesti quotidiani e degli eventi che fanno parte dell'esperienza di ognuno, sulla crescita spirituale dell'essere umano. La sua struttura narrativa è molto semplice: si tratta di una serie di sermoni lirici e solenni ispirati alla bibbia e alle tradizioni spirituali del vicino oriente.
'j. R . R . Tolkien, il professore che amava i draghi, filologo insigne ed estroso, subcreatore della terra di mezzo e dei suoi miti cosmogonici, conservatore, cattolico tradizionalista, antimoderno al punto tale da preferire i fulmini ai lampioni, i cavalli alle automobili, ha insegnato ormai a diverse ad amare il medioevo e il fantastico e a non considerarli entrambi qualcosa di negativo, di cui vergognarsi o addirittura 'pericoloso'. Tolkien, della evasione del prigioniero dal carcere della modernità, ne ha fatto un atteggiamento positivo e costruttivo, indispensabile per uscire indenni mentre si superano tutti gli ostacoli che si frappongono alla libertà. ' (g. De turris)
Stefano benni scrisse 'blues in sedici' dieci anni fa, prendendo spunto da un fatto di cronaca degli anni ottanta. Questa ballata blues era stata pensata per essere letta in pubblico e infatti la sua prima pubblicazione ha conosciuto molte versioni teatrali. Ora il testo viene riproposto con alcune variazioni che la lettura e, soprattutto l'accompagnamento musicale di paolo damiani, hanno suggerito. Protagonisti di questa drammatica storia sono l'indovino cieco, il padre, la madre, il figlio, lisa, la città, il killer, il teschio. Otto voci che tornano in scena due volte, a cantare ciascuna il dolore, la rabbia, la disperazione, la speranza.