Corpulento, teatrale, sfrontato, gli occhi che sembrano trapassare l'interlocutore, oliver haddo ha l'aria di «un prete sensuale, malvagio». Conosce come pochi la letteratura alchemica e la magia nera, si definisce fratello dell'ombra ed è ossessionato dal desiderio di vedere «una sostanza inerte prendere vita» grazie ai suoi incantesimi - dal desiderio «di essere come dio». Arthur burdon, il brillante chirurgo che lo incontra a parigi, non ha dubbi: è uno spregevole ciarlatano, un impostore, forse un pazzo. Ma quando margaret, la giovane dalla bellezza perfetta che sta per sposare, e che per il mago provava all'inizio un violento disgusto, comincia a esserne morbosamente attratta - come se «nel suo cuore fosse stata seminata una pianta infestante, che insinuava i lunghi tentacoli velenosi in ogni arteria» - e fugge con lui in inghilterra, comprende che dovrà misurarsi con forze immani, di cui sinora ha voluto ignorare l'esistenza. Dalla sua parte si schiereranno il dottor porhoe? T, appassionato di alchimia, e la fedele amica e protettrice di margaret, susie, ma lo scontro - che maugham trasforma in una spirale di irresistibile tensione - sarà aspro, tenebroso, lacerante: perché il male che il pragmatico dottor burdon dovrà combattere è in fondo un'oscura «fame dell'anima», fame di una vita infinitamente viva, di rischiose avventure, di conoscenza soprannaturale e di ignota bellezza.