Sinossi Libro
Uno dei quattro grandi romanzi classici cinesi, lo scimmiotto fu scritto dal letterato wu ch'êng-ên nel secolo sedicesimo, ma il materiale della storia è un immenso ciclo di leggende che si era accumulato per centinaia di anni intorno al «viaggio verso l'occidente» – cioè verso l'india – del monaco hsüan tsang, poi detto tripitaka, per raccogliervi scritture sacre buddiste e introdurle in cina. La vicenda comincia con la nascita di una scimmia da un uovo di pietra: è lo scimmiotto, che presto sarà eletto re delle scimmie. Essere prodigioso e beffardo, dalla inesauribile vitalità, scimmiotto adopera astuzie e artifici magici per diventare immortale e, poi, per portare lo scompiglio e la guerra nel cosmo, subissando i celesti con le sue sempre eccessive trovate – ed è una delizia seguire il turbamento provocato nei cieli cinesi, affollatissimi di esseri divini, da questo indiavolato trickster. Infine, nella seconda parte, scimmiotto, assieme a due altri compagni – porcellino e sabbioso, che simboleggiano due potenze dell'essere umano – si riscatterà dalle sue malefatte aiutando tripitaka nel suo arduo viaggio. Tutto il libro è un moto inarrestabile di fatti e sorprese, un grande romanzo di avventure che ne contiene in sé tanti altri. Aprendosi la strada nella selva di queste vicende il lettore si renderà conto a poco a poco che lo scimmiotto è anche un'allegoria, un viaggio mistico, una satira sociale, e vi scoprirà un immenso repertorio di pratiche e tradizioni religiose. Il cielo e i suoi abitanti sembrano qui essere un travestimento della terra e degli uomini, la terra una continuazione del cielo: sfrontatezza e devozione, familiarità con la natura e i suoi prodigi, sapienza psicologica, diffusa ilarità convivono tranquillamente in questo mondo fondato sulla magia, in queste vicende che sembrano fatte per essere raccontate a dei bambini e insieme sono cariche di sottintesi, sicché giustamente ebbe a dire di questo romanzo il suo congeniale traduttore, il grande sinologo arthur waley: «lo scimmiotto è unico nel suo complesso di bellezza e assurdità, di profondità e insensatezza».