Nel 2018 sono passati trent'anni dal rapimento di aldo moro. Il 16 marzo 1978 venne rapito dalle br in via fani, a roma. Nei 55 giorni di prigionia scrisse numerosissime lettere, alcune delle quali furono secretate dal parlamento dopo il primo processo. I politici italiani, nonché i giornalisti, si affannarono a dichiarare che le lettere erano prive di valore perché risultanti da una costrizione. Erano certo lettere criptiche, allusive, scritte da un uomo che vedeva progressivamente chiudersi gli spazi di ascolto. Miguel gotor riordina cronologicamente l'intero carteggio, con alcune lettere mai prima d'ora pubblicate, e ne offre un'edizione critica cui applica il rigore interpretativo della filologia storiografica. Il risultato è un quadro impressionante dell'italia di quegli anni, con un uomo prigioniero al culmine della sua carriera politica che giudica la nazione e i colleghi politici; senza ipotesi immaginifiche ma con una serie di informazioni suggestive e inquietanti.
Antonio polito parte da un itinerario personale per giungere a una proposta estesa a tutti: avviare un percorso di «perdita» per riconquistare se stessi. «la più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare» dice jep gambardella, protagonista della grande bellezza. Davvero arriva un momento in cui, sostiene polito, «il se stesso di prima deve morire per poter rinascere a nuova vita. Perché la curva della felicità è una u e quando ti sembra di aver toccato il fondo puoi veramente risorgere». In un originale tentativo di rivisitazione di esperienze personali e non, storie vissute o narrate, questioni e idee reinterpretate, antonio polito racconta quella fase dell'esistenza in cui sentiamo di dover «fare pulizia», applicando un sano senso pratico al nostro bagaglio di vissuti e di valori. Un viaggio in cui si susseguono tappe e conquiste, cambi di passo e cadute, attraverso cui l'autore rivela cosa ha superato le maglie della selezione e cosa invece è risultato d'intralcio al suo cammino di crescita come uomo, genitore, cittadino. Polito parte da un itinerario personale per giungere a una proposta estesa a tutti: avviare un percorso di «perdita» per riconquistare se stessi può essere la chiave su cui costruire un nuovo senso di appartenenza, una traccia per rifondare il nostro modo di essere comunità.
Nel ciclismo tutti sanno la verità. Ma la verità è inaccettabile. 'questa è la gomorra del ciclismo. Dopo si potrà decidere di ignorare, ma non si potrà dire di non sapere'. Questa è l'altra faccia del ciclismo, il racconto di quel mondo parallelo fatto di ipocrisia, interessi e giochi di potere che sta dietro ai colori, ai tifosi lungo le strade, ai carrozzoni festanti delle grandi gare. Un sistema cannibale di cui tutti sono a conoscenza, ma di cui nessuno parla, perché tutti hanno troppo da difendere. Un libro denuncia che chi fa parte del sistema non potrebbe scrivere. Solo uno che non ha più nulla da perdere, come di luca, radiato a vita per doping, poteva farlo.
Nives meroi è un'alpinista che ha cominciato una gara appassionante: in competizione con una spagnola, vorrebbe diventare la prima donna a conquistare tutti e quattordici gli ottomila del mondo. Adesso è a quota dodici. Nives scala con suo marito e con un giovane fotografo, senza portatori d'alta quota, senza usare ossigeno. Il loro rapporto con la montagna è di assoluta purezza. Erri de luca, anch'egli arrampicatore appassionato, è amico di nives e la segue da tempo nelle sue imprese. Fin dove può. Sotto la tenda, durante una tempesta, erri e nives parlano. Della montagna, della sfida, della fatica, della vita.
È l'alba del 24 gennaio del 1979. Le brigate rosse uccidono il sindacalista guido rossa, che aveva provato a rompere il clima di omertà che regnava nelle fabbriche intorno ai terroristi. Quasi trent'anni dopo la figlia prova a capire che cosa quel giorno è veramente successo e lo racconta in questo libro. Chi era suo padre? Nessuno aveva mai chiarito il segreto di quell'omicidio: compagni di partito, operai, magistrati, carabinieri. Ed ex brigatisti: anche coloro che parteciparono all'azione armata.
Sono gli anni turbolenti dell'avventura napoleonica che rimescola le carte politiche di un intero continente. I savoia, cacciati dal piemonte, si rifugiano in sardegna, nella capitale del regno ricevuto nel 1720. E qui, a cagliari, una mattina del1812, vede la luce maria cristina di savoia. Figura speciale di donna - ritenuta in odore di santità già in vita -, la sua vicenda terrena è ripercorsa con dovizia di particolari, tratti da fonti e documenti contemporanei, in un racconto storico affascinante che fa ampio riferimento al suo epistolario e alle testimonianze di chi l'ha conosciuta. Maria cristina, divenuta poi regina delle due sicilie, moglie di ferdinando ii e madre di francesco ii, è considerata infatti esempio di 'perfezione' nella 'normalità della vita' poiché con le sue virtù, con la sua pietà e il soccorso che sempre ha devoluto verso i deboli, si è ben presto conquistata presso i suoi sudditi l'appellativo di 'reginella santa'.
Il volume presenta sinteticamente ma con le dovute attenzioni le fasi principali della vita di aldo moro, dall'infanzia alla morte, sottolineandone i tratti personali e l'azione politica. Particolare importanza viene data alla bibliografia, agli scritti ed ai discorsi dello statista pugliese: l'analisi degli scritti e degli editoriali può offrire una nuova, profonda chiave di lettura del pensiero di moro, giungendo a una vera e propria filosofia politica 'morotea'. L'autore non manca di descrivere le difficoltà che aldo moro incontrò con alcuni attori politici del suo tempo, come anche la questione del compromesso storico, la terza fase, il rapimento ad opera delle brigate rosse e le lettere raccolte nel celebre 'memoriale' dalla 'prigione del popolo'.
Scritto di getto nel 1970, all'indomani del più grande successo e della perdita più terribile - la salita del suo primo ottomila e la morte del fratello günther che con lui aveva raggiunto la vetta del nanga parbat questo diario non avrebbe mai dovuto vedere la luce. Almeno secondo il capo spedizione, karl herligkoffer, che voleva essere il detentore dell'unica verità sulla 'conquista' del nanga parbat. E che di fatto per anni accusò messner di aver tradito lo spirito di gruppo, di non essere in realtà salito in cima, di aver scelto una via di discesa sbagliata e impossibile, di avere trascinato con sé il fratello meno in forma e di averlo abbandonato a morte sicura nei pressi della vetta. Ha taciuto tuttavia i suoi errori, primo fra tutti quello di aver usato un razzo di segnalazione di colore sbagliato, spingendo messner a intraprendere l'ultimo tratto che lo separava dalla vetta senza attrezzare la via. Per decenni messner ha urlato la sua verità, portando dentro di sé il dolore per la morte del fratello e per l'ingiustizia subita e solo con il ritrovamento del corpo di günther, nel 2005, esattamente dove aveva detto che era stato travolto da una slavina, ha potuto ritrovare un po' di serenità. Nel frattempo è diventato il più grande alpinista di tutti i tempi. E ora, dopo quarant'anni, vuole tornare ancora una volta su quell'episodio terribile, con la testimonianza più diretta e immediata: il suo resoconto di allora.
«epico e intimo, ricco di riflessioni ma anche di tensione, tragico e al tempo stesso ironico. Gli scomparsi è semplicemente un libro meraviglioso» - jonathan safran foer daniel mendelsohn da bambino restava seduto per ore ad ascoltare i racconti del nonno. Erano storie di un tempo lontano e quasi magico, di un piccolo villaggio della polonia, bolechow, in cui la vita scorreva felice. C'era però un punto in cui la voce del nonno si rompeva, oltre il quale non riusciva ad andare, come volesse nascondere un segreto troppo doloroso. Che ne era stato durante l'olocausto del fratello shmiel, della moglie e delle loro quattro bellissime figlie? Molti anni dopo daniel scopre una serie di lettere disperate che il prozio shmiel aveva indirizzato al nonno. Quelle lettere custodiscono frammenti del passato di una generazione perseguitata e cancellata per sempre, che in queste pagine ritorna a vivere davanti ai nostri occhi. Traduzione di giuseppe costigliola.
È il novembre del 1918, e il mondo di rosa tiefenthaler è andato in frantumi. L'impero austroungarico in cui è nata e vissuta non esiste più: con poche righe su un trattato di pace la sua terra, il sudtirolo, è passata all'italia. 'il nostro cuore e la nostra mente rimarranno tedeschi in eterno', scrive rosa sul suo diario. Colta e libera per il suo tempo, lo tiene da quasi vent'anni, dal giorno del suo matrimonio con l'amato jakob. Mai avrebbe pensato di riversare nelle sue pagine una così brutale lacerazione. Ne seguiranno molte altre. In pochi anni l'avvento del fascismo cambia il suo destino. Cominciano le persecuzioni per lei e per la sua famiglia, colpevoli di voler difendere la loro lingua e la loro identità: saranno arrestati, incarcerati, mandati al confino. E rosa assiste impotente al naufragio di tutte le sue certezze. Intorno a lei, troppi si lasciano sedurre da un sogno pericoloso che si sta affacciando sulla scena europea: quello della germania nazista. Non potrà impedire che hella, la figlia minore, sia presa nel vortice dell'ideologia fatale di hitler. E presto dovrà affrontare la scelta impossibile tra l'oppressione e l'esilio. Nata austriaca, vissuta sotto l'italia, morta all'ombra del reich, rosa è il simbolo dei tormenti di una terra di confine. Su quella frontiera è cresciuta lilli gruber, sua bisnipote, che oggi attinge alle parole del suo diario. E racconta una pagina di storia personale e collettiva in questo libro teso sul filo del ricordo.